Prova ontologica
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La prova ontologica (dal greco Òntos, genitivo di On, participio presente di Éimi, essere) è una dimostrazione logica dell'esistenza dell'essere. Per traslazione, nella scolastica, divenne la dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio, intendendo l'Essere come la causa prima, il primo mobile di Aristotele.
Sin dal tempo dei Presocratici si ebbero numerosi tentativi e confutazioni di prove ontologiche: pensiamo all'Uno di Parmenide o al discorso di Socrate sugli Dei (che gli valsero l'accusa di empietà).
Tuttavia fu con la tradizione Scolastica, nella persona di Anselmo d'Aosta, che iniziò la vera ricerca di una prova ontologica. Egli, famoso per il credo ut intelligam del Proslogion e con quattro prove ontologiche a posteriori nel suo Monologion, diede il via ad una lunga tradizione, che vide impegnati Cartesio, Gottfried Leibniz, Immanuel Kant, Kurt Gödel e Alvin Plantinga.
Anselmo d'Aosta, nel suo Proslogion (3,5) formula la prima dimostrazione ontologica dell'esistenza di Dio (sebbene un analogo sia rinvenibile in Agostino, De doctrina christiana): ognuno, persino lo stolto che «in cuor suo [pensa che] Dio non esiste», deve convincersi che sia pensabile intellettualmente ciò di cui non è possibile pensare alcunché di maggiore. Ammettiamo dunque che «ciò di cui non si può pensare il maggiore» esista nel solo intelletto, e non nella realtà; tuttavia potremmo ancora pensare come realmente esistente questo qualcosa, e dunque penseremmo qualcosa di maggiore di quello che per definizione non può essere minore di nessuna cosa, e ne seguirebbe una contraddizione. Neanche sarebbe possibile negarne ancora l'esistenza, perché «di necessità» quel che è ed esiste è maggiore di quel che può essere pensato non esistente.
Nel 1300 il monaco francese Gaunilone confutò questa prova a priori dicendo che "se io penso un'isola perfettissima,allora questa esiste anche nella realtà?".Anselmo rispose che non si potevano porre sullo stesso piano Dio e un'isola,ma non risolse il problema della non identià di qualcosa pensato e qualcosa esistente.
Cartesio propose, nella quinta delle Meditazioni Metafisiche, una prova analoga ma leggermente differente: per Dio egli intende «una sostanza infinita, indipendente, sommamente intelligente, sommamente potente», ovvero la «somma di tutte le perfezioni» la cui idea è «innata» nell'intelletto ed improducibile da esso stesso al pari dell'idea di infinito attuale. Se Dio assomma tutte le perfezioni, contenute in sé come note di un concetto, non può mancare dell'esistenza; se non esistesse, sarebbe meno perfetto della perfezione che gli era stata accordata. Pensare un Dio perfettissimo manchevole dell'attributo dell'esistenza è contraddittorio, dice Cartesio, «come pensare un monte senza valle».
Kant ha definitivamente dimostrato la falsità di una prova ontologica basata su questi presupposti, infatti egli dice:Se ho in tasca cento talleri e ne penso cento, quelli che penso devono essere di meno di quelli che ho in tasca,poiché ciò che è pensato è meno perfetto di ciò che è esistente.Ma se io continuo a pensarne cento, ne avrò di più in tasca?Ovviamente no.E quindi è impossibile una prova ontologica di questo genere.
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