Storia del Trentino
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Il Trentino, situato in posizione mediana rispetto all'area mediterranea di cultura latina e l'Europa centrale germanica, ha rappresentato nel passato un'area di dialogo e di confronto fra civiltà diverse.
Deve la sua unità territoriale all'istituzione del principato vescovile, che segnerà la sua storia per otto secoli. Parte del Sacro Romano Impero Germanico e in seguito dell'Impero d'Austria, divenne uno dei principali teatri di guerra durante il primo conflitto mondiale, a seguito del quale entrò a far parte del Regno d'Italia.
Indice |
[modifica] Età Pre-romana
[modifica] Preistoria
Le diverse valli che ora compongono il Trentino furono abitate in epoca mesolitica e gli insediamenti più rilevanti si concentrarono nella Valle dell'Adige, la zona più adatta alle attività umane per il suo clima e la posizione di centralità rispetto alle valli laterali. Si ipotizza che i primi insediamenti siano relativi a cacciatori provenienti da zone più basse della Pianura Padana e delle Prealpi Venete, che si spostarono in Trentino a seguito dello sciogliersi del ghiaccio che copriva i territori alpini.
In diverse zone della Provincia sono stati ritrovati reperti al Mesolitico, in particolare sepolture. Tra queste si possono ricordare gli scheletri di cacciatori ritrovati a Vatte di Zambana e Mezzocorona, mentre oggetti lavorati, destinati ad essere corredi funebri, sono stati ritrovati nei siti di Ischia Podetti. Importante l'insediamento dei Laghetti di Colbricòn, presso il Passo Rolle, vasta area di attività di caccia di uomini del Neolitico.
[modifica] I Reti
Attorno al 500 a.C. si assisté alla comparsa nel territorio trentino del popolo dei Reti, che già occupavano ampi spazi dell'area alpina centrale e orientale. I Reti si stabilirono in diverse valli e organizzarono una società abbastanza complessa, costruendo una rete di villaggi molto vasta e dedicandosi a diverse attività di sfruttamento del territorio, che accompagnavano l'occupazione tradizionale della caccia: agricoltura, dalla quale producevano vino, ortaggi, e diversi tipi di cereali e allevamento di ovini, caprini, bovini e cavalli. In età romana l'intero territorio del Trentino-Alto Adige, unito ad altre zone confinanti, era conosciuto come Retia.
[modifica] Età Romana
L'integrazione del Trentino e del vicino Sudtirolo nei domini di Roma avvenne solo nel I secolo a.C.. La sconfitta definitiva dei Reti, avvenuta nei pressi di Bolzano, si ebbe a seguito delle campagne militari nelle Alpi di Druso e Tiberio nel 16/17 a.C..
Nel I secolo a.C. venne fondata anche la città di Tridentum (anche se alcuni studiosi ipotizzano una fondazione precedente, individuabile in un insediamento retico o risalente dell’invasione gallica del III secolo a.C.).
La città divenne municipium romano tra il 50 e il 40 a.C. e venne strutturata secondo i principi canonici dell'urbanistica romana (pianta basata sul cardo e sul decumano; presenza del foro, dell'anfiteatro, delle terme, e di un'imponente cinta di mura esterne).
In età imperiale Claudio (41-54 d.C.) comprese l'importanza strategica del territorio trentino e sfruttò la posizione di Trento completando due grandi strade: la via Claudia Augusta Padana, che da Ostiglia raggiungeva il Passo Resia, e la via Claudia Augusta Altinate che, partendo da Treviso, si ricongiungeva nel capoluogo trentino con la Padana attraverso la Valsugana.
[modifica] Età Medievale
[modifica] Alto Medioevo
Nel V secolo il Trentino assistette ad una serie di invasioni provenienti da nord e da est: prima gli Ostrogoti, seguiti dai Bavari e infine dai Longobardi. Con la dominazione longobarda inizia a svilupparsi un concetto di unità territoriale del Trentino ("Tridentinum territorium").
Tra il 400 e il 500 d.C.. si concluse il lungo processo di evangelizzazione delle vallate trentine, ad opera di diversi vescovi e chierici, tra cui il vescovo martire e patrono di Trento Vigilio, morto durante l'evangelizzazione della pagana Val Rendena il 26 novembre del 400.
Nel 774 il Trentino passa sotto il dominio dei Franchi ed entra a far parte del Regno Italico, nel quadro dell'Impero Carolingio.
[modifica] Il Principato Vescovile
Per approfondire, vedi la voce Principato Vescovile di Trento. |
Durante la campagna militare dell'imperatore Enrico II, sceso in Italia per ripristinare la sua autorità ed essere incoronato re della penisola, il Trentino, dove l'imperatore sostò nel 1004 d.C., venne costituito in Principato affidato all'autorità del vescovo di Trento.
Il documento ufficiale di istituzione del Principato risale al 1027, quando l’imperatore Corrado II, successore di Enrico, nomina il vescovo di Trento principe del territorio tridentino. Le zone del Principato comprendevano il Trentino occidentale e centrale, gran parte dell’attuale Alto Adige, ma non il Primiero e la Valsugana orientale (territori assegnati inizialmente al vescovo di Feltre, in seguito inglobati nella Contea del Tirolo) e la Val di Fassa (affidata al vescovo di Bressanone).
Il vescovo di Trento ottenne dall'imperatore il diritto di esercitare tutte le funzioni pubbliche, di riscuotere i tributi e di amministrare la giustizia autonomamente. Il principe vescovo era soggetto solo all'autorità dell'imperatore.
Il Principato si rafforzò in particolare con l'episcopato di Federico Wanga (venostano, vescovo tra il 1207 e il 1217), che legittimò il potere temporale ecclesiastico elaborando il Codex Wangianus, una grande raccolta dei documenti che attestavano i diritti del vescovo.
Nel XIV secolo si assistette a una serie di tensioni tra il vescovo trentino e i Conti del Tirolo: essi tentarono in molti modi di imporre la loro autorità, cercando di limitare i poteri vescovili, e cercando di rendere il Trentino subordinato alla politica tirolese, in cambio di protezione militare del territorio.
Tra il Principato trentino e la Casa di Boemia si era instaurato un rapporto di fedeltà e fiducia poiché Carlo di Boemia, figlio del re Giovanni, aveva portato con sé in Trentino il cancelliere Nicolò da Bruna (l'attuale Brno capoluogo della Moravia) che nel 1337 venne eletto vescovo principe di Trento grazie al sostegno del re boemo. Sempre più minacciato dai tentativi di secolarizzazione e inglobamento da parte dei conti del Tirolo, Nicolò cercò di riorganizzare il piccolo esercito del Principato, dotandolo di uno stemma unitario. Si rivolse al re Giovanni di Boemia chiedendo la concessione per l'utilizzo, come stemma, dell'aquila fiammeggiante di san Venceslao. Il re rispose positivamente, autorizzandolo ad usare l'aquila di san Venceslao, martire e patrono della Boemia, nel 1339, per ricompensare il principe vescovo dell'amicizia sempre dimostratagli.
[modifica] Età Moderna
La grande rinascita del Principato avvenne nella prima metà del XVI secolo, quando a capo della diocesi trentina viene nominato il cardinale Bernardo Clesio (1514-1538), figura molto simile a quella dei grandi principi rinascimentali italiani. Clesio riorganizzò amministrativamente e militarmente il Principato e si dedicò a un generale rinnovamento architettonico ed urbanistico di Trento. Fece inoltre edificare una nuova residenza vescovile, il Magno Palazzo, affiancato all'antico nucleo storico del Castello del Buonconsiglio, affrescato dal Romanino. Figura di grande prestigio, Clesio fu al vertice dell'amministrazione austriaca e delegato alla politica estera dell'impero; tra i favoriti alla successione di papa Clemente VII, nel 1534 vide sfumare la sua elezione al soglio pontifico (venne eletto Alessandro Farnese, Paolo III).
Alla morte di Clesio venne eletto vescovo Cristoforo Madruzzo (1539-1567, dal 1545 cardinale). Con Cristoforo iniziò una sorta di "dinastia vescovile": i membri della famiglia Madruzzo si passarono la carica di principe vescovo di Trento da zio a nipote per ben tre volte, governando il Trentino per più di un secolo (1539-1658).
Anche grazie agli sforzi di Clesio, ma soprattutto per la sua posizione geografica e storico-culturale di città mediana tra il mondo italiano e a quello germanico, nel 1542 Trento venne scelta come sede per il Concilo di Riforma della Chiesa (1545-1563). Il cardinale "ospitante" Cristoforo Madruzzo si spese (anche pericolosamente) per una mediazione tra l'ortodossia teologica cattolica e le tesi di riforma protestante, senza ottenere però alcun sostegno tra i diversi vescovi cattolici presenti.
[modifica] Età Contemporanea
[modifica] XVIII secolo e la parentesi napoleonica
Nel corso del XVII e del XVIII secolo il Principato vide ridursi sempre più la sua autonomia a favore della Contea del Tirolo, mentre emergeva come centro culturale la città di Rovereto. Nel 1750 venne fondata l’Accademia degli Agiati ad opera di Girolamo Tartarotti, riconosciuta formalmente come centro culturale dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria nel 1753. Rovereto si contraddistinse per vitalità culturale anche in seguito, con Carlo Antonio Pilati e Antonio Rosmini.
Nel 1796 Trento fu invasa dalle truppe napoleoniche: questo eventò segnò la fine del Principato di Trento. Nel 1803 Napoleone sancì la secolarizzazione forzata dei territori germanici governati da autorità ecclesiastiche. Alcune misure adottate dai Francesi, come l'eliminazione della Dieta, l'obbligo al servizio militare e la pesante tassazione causarono nel vicino Tirolo l'insurrezione anti-napoleonica di Andreas Hofer, a cui parteciparono attivamente anche le vallate trentine, come la Val di Non, la Val di Sole o la Val di Fiemme, che aveva già anticipato autonomamente la rivolta.
[modifica] XIX secolo
Con la Restaurazione il Trentino venne inglobato nel Land Tirolo, con capoluogo Innsbruck. Nel capoluogo tirolose venne costituita una Dieta dotata di forti poteri di autogoverno rispetto a Vienna.
Nella prima metà dell'Ottocento, seguendo le dottrine di Metternich, la vita politica e sociale fu caratterizzata dal conservatorismo, dal controllo rigido ma corretto della polizia sulla stampa e sui movimenti politici. In Trentino venne sempre rispettata l'autonomia culturale: l'italiano era la lingua usata nell'amministrazione pubblica e nelle scuole.
A partire dal 1860 si diffuse in un movimento politico clandestino (Irredentismo) che sosteneva l'annessione del territorio trentino al neocostituito Regno d'Italia. Nel 1866, nel contesto della guerra austro-prussiana emerse anche a livello europeo la questione trentina: il governo italiano tentò di convincere, senza successo, le potenze europee a inserire il Trentino fra i territori che dall'Austria sarebbero passati all'Italia; tuttavia prevalse l'idea di non indebolire troppo l'Impero.
Inserito nel contesto della Contea del Tirolo, il Trentino, seppur ben amministrato, soffrì il centralismo di Innsbruck e la sproporzione fra il Tirolo italiano e quello di lingua tedesca (nella Dieta tirolese il rapporto era di uno a tre: 21 delegati trentini su 64 membri). Mentre le valli trentine si riconoscevano sostanzialmente nell'Impero asburgico, soprattutto gli ambienti borghesi del capoluogo e di Rovereto iniziarono a sostenere sempre di più l'unità politica degli italiani: a Trento nel 1886 venne innalzato un monumento a Dante Alighieri, a simboleggiare l'italianità del Trentino.
Tra gli irredentisti si possono ricordare Fabio Filzi e il socialista e geografo Cesare Battisti, eletto deputato fra gli italiani nella Dieta di Vienna nel 1911, assieme ad Alcide De Gasperi. Le posizioni politiche filo-italiane di Battisti trovarono un oppositore nel cattolico De Gasperi, sostenitore della cultura italiana del Trentino ma legato alla monarchia asburgica. La complessità della questione nazionale in Trentino è bene descritta dallo storico sudtirolese di lingua tedesca Klaus Gatterer, autore di una biografia di Cesare Battisti. In essa l'autore evidenzia come i maggiori problemi all'attività editoriale di Battisti venissero creati non tanto dal governo imperiale di Vienna, quanto dalla polizia politica della città di Trento (composta in gran parte da trentini) e dal governo regionale di Innsbruck. Per evitare i sequestri l'editore Cesare Battisti spesso era costretto a far stampare il suo materiale a Vienna, dove le rivendicazioni nazionali dei trentini erano viste con maggiore tolleranza.
[modifica] La prima guerra mondiale
L'inizio dell'ostilità fra Serbia e Austria-Ungheria, a seguito della dichiarazione di guerra emanata da Francesco Giuseppe il 28 giugno 1914, causò la mobilitazione generale dell'esercito e della popolazione maschile con meno di 40 anni del Trentino, dal quale partirono circa 60.000 persone, per lo più destinate a combattere contro i Russi nella regione dei Carpazi e della Galizia (tra Polonia e Ucraina). Questa mobilitazione privò il Trentino di forza lavoro e compromise tutti i settori produttivi, specialmente quello agricolo che passò in mani femminili. Nel frattempo Cesare Battisti e diversi altri irredentisti, assieme a numerosi studenti trentini (tra cui Giovanni Pedrotti e Guido Larcher), fuggirono in Italia e inviarono un indirizzo a Vittorio Emanuele III affinché dichiarasse guerra all'Austria e liberasse le terre irredente.
Tuttavia l'allora deputato austriaco Alcide De Gasperi, comunicando nel settembre del 1914 con l'ambasciatore dell'Impero a Roma, sostenne che gran parte dei Trentini erano fedeli agli Asburgo e in caso di referendum per il passaggio in Italia probabilmente più del 90%, sempre a detta di De Gasperi, avrebbero optato per l'Austria.
Nel corso della prima metà del 1915 il governo italiano (su pressione del parlamento e di Giovanni Giolitti) cercò di negoziare con gli Austriaci la neutralità del Regno in cambio del Trentino e di parte della Venezia Giulia. Allettato tuttavia dalle offerte della Triplice Intesa (che garantiva all'Italia in caso di intervento anche l'Alto Adige, l'Istria, la Dalmazia e altri territori), il governo italiano, con l'appoggio del Re, dichiarò il 24 maggio 1915 guerra all'Austria-Ungheria e successivamente, il 25 agosto 1916, alla Germania.
Subito in Trentino scattarono misure di sicurezza, con l'arresto di numerose persone accusate d'Irredentismo che furono portate nel campo d'internamento di Katzenau, mentre iniziava l'evacuazione della popolazione dei paesi posti sulla linea del fronte. Nella prima metà del del 1915 furono sciolti i consigli comunali di Trento e Rovereto, che furono affidate ad amministratori ufficiosi (Trento all'avvocato Adolfo de Bertolini e Rovereto al capitano distrettuale Giovanni Hafner).
Ben presto si susseguirono una serie di operazioni militari sul fronte trentino. Nelle prime settimane dall’entrata in guerra del Regno d'Italia, mentre l’afflusso delle truppe regolari procedeva con lentezza (gli austro-ungarici erano già impegnati sul fronte russo), i confini del Tirolo furono difesi grazie al contributo delle compagnie di volontari Standschützen (i "Sizeri"), comprese quelle di lingua italiana del Trentino.
Nel 1915 l'Italia riuscì con successo ad attuare una serie di operazioni militari, occupando la Bassa Valsugana e il Primiero nel Trentino orientale, il Tonale e la Valle di Ledro in quello occidentale. Alla ritirata strategica austriaca fece seguito nel 1916 una risposta durissima sul fronte trentino, la Strafexpedition (Spedizione punitiva, maggio-giugno 1916). In seguito la situazione volse decisamente a favore della truppe imperiali che travolsero gli italiani a Caporetto (9 novembre 1917); a seguito di questo successo le truppe italiane furono ricacciate fuori dai confini del Trentino.
Con la sostituzione di Cadorna con Diaz e l'intervento militare degli Stati Uniti, le sorti della guerra cambiarono a favore dell'Intesa anche sul fronte trentino: il 3 novembre 1918 veniva firmato l’armistizio e nello stesso giorno le prime truppe italiane occupavano Trento.
Il bilancio per il Trentino fu di oltre 10.000 mila morti, 14.000 feriti, 12.000 prigionieri e circa 100.000 sfollati in Austria (una parte, finita in mano all'esercito italiano, finì nel Sud della penisola). In ricordo di tutti i caduti Don Rossaro fece costruire nel 1924, con il ferro fuso delle macchine belliche, la Campana dei Caduti situata sul colle di Miravalle a Rovereto.
Da notare che ancor oggi, a quasi un secolo di distanza, i caduti trentini nella prima guerra mondiale non vengano ricordati con correttezza storica. Su molti monumenti si cita la “guerra 1915-1918”, mentre i trentini entrarono in guerra, come ogni altro cittadino austroungarico, nel 1914 e proprio nel primo anno del conflitto si ebbe la maggior parte dei caduti.
Da notare che se in Italia la retorica nazionalista esaltò i “ragazzi del ‘99”, l’Impero, vicino al collasso, fu costretto a reclutare anche la classe dei nati nell’anno 1900: vite ancora più giovani da immolare nella prima grande follia del XX secolo.
[modifica] Il Fascismo
In base al Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) il Tirolo a sud del Brennero fu annesso al Regno d'Italia, senza che le popolazioni, di lingua tedesca, italiana o ladina, fossero interpellate. In questa terra non si svolse alcun plebiscito.
Dopo il periodo del Governatorato militare provvisorio (novembre 1918-luglio 1919), si iniziò a discutere della struttura istituzionale definitiva del Trentino all'interno del Regno d'Italia. Tutti i partiti trentini (Popolari, Socialisti e Liberali) fecero richiesta affinché fosse garantito alla provincia il diritto all'autogoverno, con competenze simili a quelle assegnate dagli Asburgo alla vecchia Dieta tirolese. I governi liberali di Nitti e Giolitti dettero delle assicurazioni riguardo alle aspirazioni dei Trentini e dei Sudtirolesi, ma qualunque speranza venne travolta dai radicali cambiamenti istituzionali operati in seguito all'avvento del Fascismo.
Il carattere centralistico, già proprio del regno sabaudo, venne ancor di più accentuato: vennero aboliti gli statuti delle città maggiori (Trento e Rovereto), unificati arbitrariamente diversi piccoli comuni della provincia (si passò dai 366 comuni trentini di età asburgica a 127) e istituita la figura del podestà.
Nel ventennio fascista il Trentino attraversò inoltre una dura crisi economica, causata dalle conseguenze della grande guerra, dal ristagno dell'agricoltura, dall'impossibilità dell'emigrazione a seguito della politica fascista e dalla totale mancanza di investimenti pubblici, tutti dirottati in Alto Adige, terra da "italianizzare".
Dopo la caduta del Fascismo, il Trentino assieme al Sudtirolo ed alla Provincia di Belluno venne inglobato nell'Alpenvorland (10 settembre 1943) e di fatto annesso alla Germania nazista, mentre nelle valli si organizzavano i diversi gruppi della Resistenza.
[modifica] Il secondo dopoguerra
Subito dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, sia le autorità che la popolazione rinnovarono le richieste per un'autonomia amministrativa per il territorio trentino. Queste esigenze trovarono sostegno nella politica dell'A.S.A.R. (Associazione Studi Autonomistici Regionali, attiva dal 1945 al 1952), che si proponeva il raggiungimento dell'autogoverno per l'area che va da Borghetto al Brennero (l'intera regione Trentino-Alto Adige), territorio legato, pur nelle diversità linguistiche, da comuni radici storiche e culturali.
Le richieste trentine vennero accolte e promosse da De Gasperi, divenuto Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri. Il 5 settembre 1946 venne firmato a Parigi l'Accordo De Gasperi-Gruber, che prevedeva un'autonomia su base regionale, nonostante l'iniziale opposizione del Ministro degli Esteri austriaco Gruber, più favorevole ad un autonomia limitata al Sudtirolo. Il Trentino riusciva così a riconquistare la sua autonomia.
Nei decenni successivi la politica trentina fu dominata dalla Democrazia Cristiana, mentre le istanze autonomistiche trovavano voce nel Partito Popolare Trentino Tirolese (ribattezzato nel 1988 Partito Autonomista Trentino Tirolese, PATT), erede diretto della politica dell'A.S.A.R.. Non mancarono episodi di tensioni fra le due parti della Regione: i Sudtirolesi accusarono i Trentini e la giunta regionale di centralismo e si dichiararono più volte insoddisfatti dell'assetto regionale. La crisi politica della Regione sfociò il 17 novembre 1957 a Castelfirmiano, per opera di Silvius Magnago, leader della Südtiroler Volkspartei: in quella occasione venne coniato dai Sudtirolesi lo slogan Loss von Trient (Via da Trento), auspicando un veloce distacco dell'Alto Adige dal Trentino.
Un accordo definitivo venne raggiunto nel 1972, con la stesura del secondo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige, in base al quale la maggior parte delle competenze regionali venivano assegnate alle due province, che divenivano ufficialmente autonome.
A partire dagli anni sessanta e settanta il Trentino si caratterizzò per un deciso sviluppo economico, trainato soprattutto dal turismo e favorito dalle risorse dell'autogoverno.
Alcuni eventi tragici segnarono la storia della provincia (e in particolare della Val di Fiemme) nella seconda metà del XX secolo:
- le due tragedie degli impianti a fune del Cermis: la prima il 9 marzo 1976, quando 42 persone di cui 15 bambini morirono precipitando nel vuoto. La causa della tragedia fu la rottura accidentale del cavo portante la cabina in cui si trovavano. La seconda strage del Cermis il 3 febbraio 1998, quando un aereo militare americano tranciò le funi dello stesso impianto, causando la morte di 20 persone;
- la catastrofe della Val di Stava il (19 luglio 1985), quando l'argine di un bacino di decantazione della miniera di valle crollò, permettendo ad un'enorme colata di fango di calare sull'abitato di Stava e provocare la morte di 268 persone.
[modifica] Bibliografia
- AA.VV., Storia del Trentino, Associazione culturale “Antonio Rosmini”, Trento 1996;
- S. Benvenuti, Storia del Trentino, Panorama, Trento 1994-1998;
- G. Faustini, Trentino e Tirolo dal 1000 al 1900. Breviario storico dell’autonomia, Publilux, Trento 1985.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Storia completa del Trentino
- Storia dell'autonomia trentina - Quadro di sintesi economica e giuridica dell'autonomia (dal sito del Consiglio Provinciale)
- Storia dell'autonomia del Trentino-Alto Adige (dal sito della Regione)