Emittente televisiva
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Un'emittente televisiva è un'azienda che diffonde nell'etere un palinsesto televisivo che può essere captato da una antenna di ricezione. [2]
[modifica] Lo sviluppo della televisione in Italia
In Italia le prime prove di diffusione della televisione furono effettuate a partire dal 1934, e, nel 1949, ci fu già una trasmissione sperimentale dalla Triennale di Milano presentata da Corrado , ma il servizio regolare cominciò soltanto la domenica 3 gennaio 1954, a cura della RAI, in bianco e nero.
Il segnale arrivò su tutto il territorio nazionale due anni dopo, e a quel momento gli abbonati erano ancora relativamente pochi - 360.000 - a causa del costo elevato degli apparecchi.
Dagli anni Cinquanta la diffusione della tv crebbe a ritmi stupefacenti, come precedentemente accaduto sul mercato americano.
In quegli anni la televisione era un bene di lusso che pochi italiani potevano permettersi, tanto che i bar o le case dei propri vicini diventarono luoghi prediletti per visioni di gruppo, soprattutto in occasione delle trasmissioni del primo e subito popolarissimo telequiz italiano, i primi pionieri furono Mario Riva con Il Musichiere, e Mike Bongiorno con Lascia o raddoppia?.
Negli anni '60, con il progresso dell'economia, il televisore divenne accessorio di sempre maggior diffusione, sino a raggiungere anche classi sociali meno agiate; l'elevato tasso di analfabetismo riscontrato fra queste suggerì la messa in onda di Non è mai troppo tardi (1959-1968), un programma di insegnamento elementare condotto dal maestro Alberto Manzi e che, è stato stimato, avrebbe aiutato quasi un milione e mezzo di adulti a conseguire la licenza elementare.
Si può affermare [1].,che almeno nella fase iniziale la televisione italiana era una delle più pedagogiche al mondo. Le sue finalità erano certamente educative ese da un lato, non cercando il consenso dei telespettatori, era considerata soporifera, ha indubbi meriti nei confronti di una situazione di partenza di una nazione arretrata e culturalmente divisa. Non è solo una battuta umoristica dire quindi che, almeno a livello linguistico, "L'unità d'Italia non l'ha fatta Garibaldi, ma l'ha fatta Mike Bongiorno."
Anche le tappe successive dello sviluppo televisivo italiano indicano un ritardo rispetto agli altri paesi europei: solo nel 1961 iniziarono le trasmissioni del secondo canale RAI e la terza rete tv arrivò tra la fine del 1979 e l'inizio del 1980 (come da riforma del 1975), sempre nello stesso anno nasce Telemilano 58 diventa Canale 5.
Il decennio successivo vide l'affermazione delle emittenti private di Silvio Berlusconi e il loro immediato successo (con l'aiuto di Bettino Craxi, che con un decreto legalizzò la tv privata a carattere nazionale, che prima era illegale per il monopolio di stato RAI).
La proliferazione di emittenti televisive ha richiesto a più riprese interventi legislativi di regolamentazione, nessuno dei quali è ovviamente uscito indenne da polemiche. L'articolazione delle problematiche innestate è tale da coinvolgere negli argomenti di discussione diritti costituzionali e questioni di opportunità politiche, essendosi addirittura sviluppata una giurisprudenza specialistica (ad esempio le mai rispettate e pluriviolate sentenze della Corte Costituzionale). In particolare si ritiene che la situazione italiana, bocciata da diverse associazioni sovranazionali a causa della presunta concentrazione di mass-media nelle mani di Silvio Berlusconi, sia in contrasto con il fondamentale articolo 21 della Costituzione (libertà d'espressione), almeno nel delicatissimo campo tv: Rai e soprattutto Mediaset si spartiscono il 90% di risorse pubblicitarie e ascolti, una concentrazione che non ha eguali in Europa dove si arriva al massimo al 75%.
L'evoluzione della materia, con l'impegnativo passaggio dalla televisione analogica alla televisione digitale è ora oggetto di un disegno di legge presentato dal ministro Paolo Gentiloni che sposta in avanti il tempo di spegnimento della televisione digitale, ma nello stesso tempo cerca di rispettare sia la direttiva europea Televisione senza frontiere, sia i "tetti" antitrust indicati dalle sentenze della Corte Costituzionale.
[modifica] Riferimenti
- ↑ Per una Storia della Televisione, R. E., La Voce di Milano sezione Tv locali [1]
[modifica] Bibliografia
- Aldo Grasso, "Storia della televisione italiana. Nuova edizione aggiornata", Garzanti, Milano, 2004, ISBN 88-11-74031-2
- Aldo Grasso "La Tv del sommerso" Edizioni Mondadori Milano, 2006 ISBN 88-04-56194-7
- Franco Monteleone, "Storia della radio e della televisione in Italia. Un secolo di costume, società e politica. Nuova edizione aggiornata" , Marsilio, Venezia, 2003, ISBN 8831772309
- Pierre Bourdieu, "Sulla televisione", Feltrinelli, Milano, 1997
- Guy Debord, "La società dello spettacolo", Baldini Castoldi Dalai, 2001
- Enrico Menduni, "La Televisione", Il Mulino, 1998, ISBN 8815098046
- Nando Vitale, "Moriremo televisivi" in "Media Philosophy" n.0, Costa & Nolan, Genova, 1996
- Annamaria Ghedina, "Da Gregorio a Berlusconi. La vera storia della televisione libera", Vittorio Pironti Editore, Napoli, 2003
- Francesco Monico, "Il Dramma Televisivo. l'autore e l'estetica del mezzo", Meltemi Editore, Roma, 2006
- Giancarlo Dotto, Sandro Piccinini, "Il mucchio selvaggio", Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2006, ISBN 8804539526
- Boari Gianni, "Accadde in Tv", Pagine Editore, Roma, 2006, ISBN 8875571708
- Baroni Joseph, "Dizionario della Televisione Commerciale", Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005, ISBN 8870789721
- Gambaro Marco, "Economia della Televisione", Il Mulino, Bologna, 1992