Gio Ponti
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Gio Ponti (Milano, 18 novembre 1891 - 16 settembre 1979) architetto e designer italiano del novecento.
[modifica] Biografia
Gio Ponti nacque a Milano nel 1891, e si laureò in architettura al Politecnico di Milano nel 1921, dopo aver interrotto gli studi a seguito della sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Inizialmente aprì lo studio assieme all’architetto Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945). Nel 1923 partecipò alla Biennale di Arti Decorative tenutasi in Monza e successivamente fu coinvolto nella organizzazione delle varie triennali sempre a Monza e Milano.
Negli anni venti comincia la sua attività di design all’industria ceramica Richard Ginori, e rielabora complessivamente la strategia di disegno industriale della società; con le ceramiche vince il “Gran Prix all’Esposizione di Parigi del 1925. In questi anni al sua produzione è improntata più ai temi classici ed è vicino al movimento "Novecento", che si contrappone al razionalismo del Gruppo 7. Sempre negli stessi anni inizia anche la sua attività editoriale fondando nel 1928 la rivista Domus, testata che non abbandonerà più salvo che per un breve periodo durante la seconda guerra mondiale. Domus assieme a Casa bella, rappresenterà il centro del dibatto culturale dell’architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento.
L’attività di Ponti negli anni trenta si estende: organizza la quinta triennale a Milano nel 1933, disegna le scene ed i costumi per il teatro La Scala, ed è partecipe dell’associazione del Disegno Industriale ADI, essendo tra i sostenitori del premio “compasso d’oro” promosso dai magazzini La Rinascente. Riceve tra altro numerosi premi sia nazionali che internazionali e così ne 1936, quando la sua professionalità è affermata, diventa professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, cattedra che manterrà sino al 1961.
Nel 1951, si unirà allo studio insieme a Fornaroli, l’architetto Alberto Rosselli ed intanto sia il design che l’ architettura di Ponti diventano in questi anni più innovative abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclassico. E’ qui che inizia il periodo di più intensa e feconda attività sia nell’architettura che nel design, negli anni cinquanta, infatti, verranno realizzate alcune delle sue opere più importanti. Gio Ponti morirà a Milano nel 1979.
[modifica] Stile
Gio Ponti è un design universale, ha disegnato moltissimi oggetti nei più svariati campi, dalle scenografie teatrali, alle lampade, alle sedie, agli oggetti da cucina, agli interni di famosi transatlantici. Inizialmente nelle ceramiche il suo disegno riflette la Secessione viennese e sostiene che decorazione tradizionale e l’arte moderna non sono incompatibili. Il suo riallacciarsi e l’utilizzare i valori del passato, trova sostenitori nel regime fascista incline alla salvaguardia dell’identità italiana e al recupero degli ideali della “romanità” che si esprimerà poi compiutamente in architettura con il neoclassicismo semplificato del Piacentini.
Nonostante questo Ponti realizzerà nella città universitaria di Roma nel 1934 la facoltà di Matematica una delle prime opere del Razionalismo italiano e nel 1936 il primo degli edifici per uffici della Montecatini a Milano. Quest’ultimo a caratteri fortemente personali e risente nei particolari architettonici, di ricercata eleganza, della vocazione di designer del progettista.
Negli anni cinquanta, come abbiamo detto lo stile di Ponti si fa più innovativo e seppur rimane classicheggiante nel secondo palazzo ad uffici della Montecatini, (1951), si esprime pianamente nel suo edificio più significativo il Grattacielo Pirelli (1955-1958). L’opera è costruita intorno ad una struttura centrale progettata da Nervi ed è uno grattacieli in cemento armato più alti del mondo (120 m). L’edifico appare come una slanciata ed armoniosa lastra di cristallo, che taglia lo spazio architettonico del cielo, disegnata su un equilibrato Courtain wall ed i cui lati lunghi si restringono in quasi due linee verticali. Quest’opera anche con il suo carattere di “eccellenza” appartiene a buon diritto ad una delle maggiori del Movimento Moderno in Italia.