Giuditta e Oloferne (Caravaggio)
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Giuditta e Oloferne |
Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1599 |
olio su tela, 145 × 195 cm |
Roma, Galleria nazionale di arte antica |
Giuditta e Oloferne è un dipinto ad olio su tela di cm 145 x 195 realizzato nel 1599 dal pittore italiano Caravaggio.
È conservato alla Galleria nazionale di arte antica di Roma.
In questo quadro Caravaggio rappresenta l'episodio biblico della decapitazione del re assiro Oloferne da parte della vedova ebraica Giuditta, che voleva salvare il peoprio popolo dalla dominazione straniera.
Giuditta è raffigurata intenta a mozzare la testa di Oloferne con una spada, alla scena assiste una vecchia serva. Giuditta è rappresentata come una donna fragile, che prova orrore di quello che sta facendo. Taglia la testa da distante, quasi con la paura di potersi sporcare le vesti. Corruga la fronte in un'espressione di disgusto, ma anche di pietà. La vecchia dietro di lei, controlla che il lavoro sia portato a termine, senza che la ragazza abbia ripensamenti.
Nel ruolo di Giuditta è raffigurata la cortigiana Fillide Melandroni.
Non ci sono molti elementi che contribuiscono a rendere nota l'ambientazione della scena, lo sfondo è scuro, è presente un panneggio rosso in alto a sinistra e una parte minima del letto su cui giace Oloferne. Caravaggio è rimasto fedele al clima dell'episodio biblico, facendo decapitare il re con una daga mediorientale, ma ha anche attualizzato la scena, poiché l'abbigliamento di Giuditta è quello tipico delle donne a lui contemporanee.
Il pittore fissa l'acme emotivo nell'immagine di Oloferne: lo sguardo vitreo farebbe supporre che sia già morto, ma lo spasmo e la tensione dei muscoli indurrebbero a pensare il contrario.
Accanto a Giuditta Caravaggio ha inserito una serva molto vecchia e brutta, come simbolico contraltare alla bellezza e alla giovinezza della vedova. In questo modo l'autore sottolinea (con un artificio artistico legato alla fisiognomica, caro anche a Leonardo) le differenze tra le due figure e fa risaltare maggiormente la prima, che incarna grandi valori morali.
Infatti, la poca credibilità di Giuditta come vedova e la tensione fisica minima con cui ella turbata, inorridita, taglia la testa ad Oloferne, confermano il forte valore simbolico di tale rappresentazione, diversamente, per esempio, dal dipinto di Artemisia Gentileschi, con il medesimo soggetto. Infatti Giuditta, presentata come simbolo di salvezza che Dio offre al popolo ebraico, assurge anche a simbolo della Chiesa stessa e del suo ruolo salvifico, ulteriormente testimoniato dal colore bianco della camicia della donna, che evoca la purezza.
Si dice che Caravaggio abbia dipinto il quadro pensando alla storia di Beatrice Cenci, che, insieme alla madre e al fratello, uccisero il padre padrone, dopo averlo addormentato con l'oppio.