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Il Sessantotto - Wikipedia

Il Sessantotto

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il 1968 è stato per molti versi un anno particolare, nel quale grandi movimenti di massa socialmente disomogenei (operai, studenti e gruppi etnici minoritari) e formati per aggregazione spesso spontanea, attraversarono quasi tutti i paesi del mondo con la loro carica contestativa e sembrarono far vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società. La portata della partecipazione popolare e la sua notorietà, oltre allo svolgersi degli eventi in un tempo relativamente concentrato ed intenso, contribuirono ad identificare col nome dell'anno il movimento, il Sessantotto appunto.

Indice

[modifica] Origini e premesse

Il movimento nacque alla fine degli anni '60 in America e raggiunge la sua apoteosi nel 1968.

Ebbe origine presso i giovani e gli operai per protestare contro la allora nuova società dei consumi, che (tuttora) propone il valore del denaro e del mercato nel mondo capitalista, mentre a proposito del blocco orientale denunciava la mancanza di libertà e l'invadenza della burocrazia di partito.

Diffuso in buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista, ebbe come nemico comune l'autorità: nelle scuole si contestava l'autorità dei professori, della cultura ufficiale e del sistema scolastico obsoleto. Nelle fabbriche si rifiutava l'autorità del potere economico e dell'organizzazione del lavoro, nella famiglia si contestava l'autorità dei genitori. In entrambi i sistemi venivano messi in discussione il potere politico e le discriminazioni dovute alla razza, alla ricchezza, al sesso, alla religione, all'ideologia.

Gli obiettivi in ambo i blocchi erano: riorganizzare la società sulla base del principio di uguaglianza, rinnovare la politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, eliminare ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale, estirpare la guerra come modo di relazione tra gli stati.

[modifica] Il movimento per i diritti civili negli Usa

Il movimento americano per i diritti civili aveva costituito, fin dall'inizio degli anni sessanta, il prototipo di questa dinamica.

Nato nelle università del Nord, il movimento studentesco si era dato come obiettivo essenziale la piena attuazione di quella democrazia americana che la costituzione prometteva ma che la società aveva, almeno in parte, negato in vario modo, cioè con la repressione nei confronti dei comunisti (col noto esempio del maccartismo) e della sinistra, con il militarismo diffuso, con la persistenza della segregazione razziale in particolare nel Sud.

Proprio al Sud, negli anni cinquanta era venuto maturando un movimento nero per l'eguaglianza, diretto dalle comunità di colore. Uno degli atti più significativi fu il boicottaggio degli autobus di Montgomery, Alabama, lanciato nel 1955 per protesta contro la segregazione delle razze. Nel 1959 la Corte Suprema americana ordinò la fine della segregazione nelle scuole, questo fu uno dei più importanti risultati conseguiti dal movimento.

A questo punto si temeva che lo sviluppo del movimento nero portasse alla fine dell'esclusione di fatto della popolazione di colore dal voto, praticata in tutto il Sud, con l'aiuto dell'organizzazione razzista del Ku Klux Klan.

In appoggio al movimento nero del Sud, gli studenti di molte università del Nord degli Stati Uniti diedero inizio alle "marce al Sud", massicce campagne d'invio di militanti durante l'estate, con il compito di proteggere il diritto al voto della popolazione di colore. Come risposta vi furono numerosi assassinii e linciaggi, mentre i tradizionali leader politici assumevano posizioni di aperto sostegno alla violenza.

Nonostante tutto, il movimento ottenne significativi successi politici, contribuendo al superamento della segregazione.

A partire dal 1963-1964, le agitazioni dei neri si svilupparono rapidamente anche nelle grandi città del Nord degli Usa. Qui però il problema non era la segregazione istituzionale: la rivendicazione della piena uguaglianza coi bianchi infatti, non si accompagnava (come nel movimento per i diritti civili del Sud) con la volontà di un'integrazione sociale totale nella "comunità dei bianchi", ma al contrario voleva preservare la diversità e la specificità, culturale e sociale. Eguaglianza e diversità, soppressione dei privilegi bianchi ma autogoverno dei neri nella loro comunità.

[modifica] La nascita della "nuova sinistra"

L'espressione “nuova sinistra” nacque nel 1960, dal sociologo americano Wright Mills, uno degli intellettuali che più influenzarono i movimenti giovanili.

Gli elementi di novità nei movimenti giovanili erano vari e molteplici. Innanzitutto era ritenuto estremamente importante il riferimento alle lotte dei popoli del terzo mondo, alle rivoluzioni del mondo arabo, dell'Asia e di Cuba. L'Unione Sovietica era ritenuta insieme con gli Usa, ordine da abbattere.

In secondo luogo, la nuova sinistra rifiutava la convinzione, comune alla sinistra tradizionale, secondo cui l'evoluzione storica lavorava necessariamente in favore dell'emancipazione del proletario e dei popoli oppressi. Il timore di una "razionalizzazione" capitalistica che integrasse i ceti proletari dei paesi avanzati nello sfruttamento dei popoli del terzo mondo, sopprimendo ogni spazio reale di dissenso, rendeva la ribellione una necessità morale oltre che un compito politico.

Infine la nuova sinistra era assai diffidente nei confronti dell'organizzazione di tipo leninista e proponeva forme di agitazione e di aggregazione che valorizzassero la partecipazione di massa ai processi decisionali. Nel corso degli anni sessanta, mentre negli Usa il movimento per i diritti civili prima e l'opposizione studentesca alla guerra del Vietnam poi facevano delle organizzazioni come la Sds (Student for democratic society) una forza politica di grande peso, in Europa il movimento della "nuova sinistra" toccava un'area minoritaria ma crescente.

Le agitazioni promosse dai movimenti giovanili si diffusero in vaste aree del pianeta tra la fine del 1967 e l'autunno del 1968. Francia, Cecoslovacchia e Germania occidentale furono attraversate da crisi politiche di vasta portata; in Polonia questo periodo segnò l'inizio di movimenti destinati a svilupparsi ulteriormente in seguito.

[modifica] La morte di Che Guevara

Nell'ottobre 1967, i militanti boliviani annunciarono la morte di Ernesto Che Guevara.

Leader della guerriglia a Cuba e poi, dopo la vittoria della rivoluzione, ministro dell'economia del nuovo regime socialista, si era allontanato dall'isola l'anno precedente per creare un focolaio guerrigliero nella montagna della Bolivia. Nella primavera del 1967, era stato reso noto un suo appello ai rivoluzionari del mondo, dal titolo "Creare due, tre, molti Vietnam". Compito dei rivoluzionari, secondo Guevara, era affiancare il Vietnam con numerosi altri movimenti insurrezionali in tutte le aree del mondo, che vanificassero l'azione "di polizia" della superpotenza americana, garantendo la vittoria del Fronte nazionale di liberazione in Vietnam e la sconfitta dell'imperialismo statunitense. La morte in combattimento, in territorio boliviano, nel 1967 contribuì a fare di Che Guevara un simbolo della lotta contro ogni forma di oppressione. La sua tensione ideale divenne un esempio per l'utopia rivoluzionaria che contraddistinse la protesta studentesca europea alla fine degli anni sessanta.

A partire dal novembre 1967, in diversi paesi europei si diffusero agitazioni studentesche: dapprima concentrata nelle università, che vennero occupate e dove il movimento tentò di dar vita a forme di "controeducazione" alternativa a quella ufficiale, l'opposizione "extraparlamentare", come all'epoca veniva definita, progettava di investire progressivamente l'intera società.

[modifica] Il movimento negli Stati Uniti d'America

Negli Stati Uniti, le lotte si polarizzarono contro la guerra del Vietnam, assumendo la forma di un conflitto antimperialista. Ad essa si combinarono le battaglie dei neri per il riconoscimento dei loro diritti civili e per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

Proprio la guerra del Vietnam cambiò il modo di guardare all'America dei giovani. In questo contesto negli USA nacque il movimento dei cosiddetti hippy, parola di gergo che voleva dire "uno che ha mangiato la foglia", in seguito ribattezzati "figli dei fiori", poiché la loro unica arma erano appunto i fiori. Si distinsero per costumi molto liberali ed ampio uso di droghe, soprattutto LSD, un allucinogeno che proprio in quegli anni fu immesso sul mercato con rapida diffusione.

Gli hippy si battevano soprattutto contro la guerra nel Vietnam, un sanguinoso conflitto che dal 1962 vedeva impegnati gli USA. Combattevano l'unificazione tra Vietnam del nord e Vietnam del sud poiché al nord vi era un governo comunista, mentre al sud vi era un governo filoamericano: con l'unificazione del Vietnam gli americani temevano che il comunismo si diffondesse anche ad altri stati asiatici. Nel sud filoamericano, però, vi era un nutrito gruppo di comunisti (i Vietcong) che volevano l'unificazione del Vietnam; e perciò, con l'appoggio del governo del Vietnam dal nord organizzavano atti di guerriglia. Gli USA si ritirarono dal conflitto solo nel 1974, non perché influenzati da un'opinione pubblica mondiale forse maggioritariamnte contraria, ma perché c'era forte rischio di perdere il conflitto. La guerra, tuttavia, si concluse solo nell'aprile del 1975.

In America questo movimento si unì alle battaglie dei neri per la conquista dei più elementari diritti civili. Le battaglie per il riconoscimento dei diritti civili ai negri si dividevano sostanzialmente in due filoni: quello pacifista, guidato da Martin Luther King, un pastore battista apostolo della "non violenza", che fin da giovane si dedicò alla lotta contro la discriminazione razziale, il suo celebre discorso, in cui auspicava l'uguaglianza tra i popoli ("I have a dream") scatenò un' ondata di proteste e di violenze, culminate nel suo assassinio nel 1968; che auspicava appunto la progressiva integrazione delle masse di colore nella società bianca; e quello più intransigente del Black Panther Party, che chiedeva la formazione di un potere nero (Black Power), contrapposto a quello dei bianchi, era di orientamento Marxista e chiedeva inoltre libertà e occupazione, case e istruzione per tutti, la fine delle oppressioni anche verso le minoranze etniche. Era guidato da personalità del calibro di Angela Davis, Elridge Cleaver e Malcom X, quest' ultimo era un avvocato allevato da una coppia di bianchi che gli avevano imposto il cognome "Little", divenuto adulto ha preferito cancellarlo con una X. Egli era propenso ad un'alleanza tra tutti i popoli neri e lottava per la superiorità razziale del suo popolo. Secondo lui la divisione razziale era inevitabile ma accusava i bianchi, da lui reputati persone intelligenti ma responsabili della condizione dei neri, di non fare abbastanza o il necessario per risolvere questi problemi. Morì in circostanze poco chiare nel 1965.

[modifica] La rivoluzione culturale in Cina

Nella Cina comunista il "sessantotto" rappresentò il momento più acuto della rivoluzione culturale avviata nel 1966. Tutto il sistema di potere di questo paese venne completamente trasformato. Partito dai gruppi di studenti universitari che protestavano contro i privilegi culturali ancora presenti nella società cinese, il conflitto fu subito appoggiato da Mao e dai suoi sostenitori, che lo radicalizzarono come strumento di pressione contro l’opposizione interna. Nell’estate del 1967 e agli inizi del 1968 lo scontro sembrò raggiungere un tale livello di acutezza da precludere una guerra civile. Successivamente però la tensione si allentò, numerosi dirigenti giovanili furono allontanati dalle città e inviati nelle zone rurali. Si imposero ovunque i "comitati rivoluzionari" che recuperarono i vecchi dirigenti. Infine gli avversari di Mao vennero emarginati.

[modifica] La primavera di Praga

Situazione diversa si trovava nei paesi del patto di Varsavia, dove le manifestazioni chiedevano più libertà di espressione e una maggiore considerazione delle opinioni e della volontà della popolazione delle scelte politiche. La più alta delle manifestazioni di protesta fu la rivolta studentesca in Cecoslovacchia, successivamente chiamata "Primavera di Praga".

L’avvento al potere di Brežnev significò per la società sovietica la fine di ogni spinta riformatrice. Questa politica di conservazione riguardò anche tutti i paesi del patto di Varsavia, ma in Cecoslovacchia si era realizzato un originale tentativo di rendere democratico il sistema comunista. Il progetto riformatore prevedeva l’allargamento della partecipazione politica dei cittadini e la ristrutturazione dell’economia, con la rinuncia del potere assoluto da parte dello stato. A sostenere questo tentativo ci fu proprio il movimento politico e culturale della primavera di Praga.

Tuttavia, nel timore che questo processo di democratizzazione contagiasse anche gli altri paesi del blocco sovietico, l'Unione Sovietica decise di soffocare nel sangue il movimento di riforma. A questa scelta così violentemente autoritaria molti partiti comunisti sparsi nel resto del mondo si dichiararono in totale disaccordo.

[modifica] Movimenti in paesi minori

[modifica] Il movimento in Polonia

In Polonia, una massiccia agitazione studentesca portò all’occupazione del Politecnico di Varsavia, repressa dalla polizia, e alla formazione di gruppi intellettuali marxisti critici nei confronti del regime, che avrebbero svolto una funzione di rilievo in relazione alle successive agitazioni operaie del 1970 e, più tardi, degli anni ottanta.

[modifica] Il movimento in Jugoslavia

In Jugoslavia, la rivolta degli studenti di Belgrado del marzo 1968, si concluse con l’accoglimento di alcune richieste e con una presa di posizione del maresciallo Tito in favore della critica e della mobilitazione di massa anche in regime socialista.

[modifica] Il movimento in Giappone

In Giappone l’organizzazione giovanile di sinistra Zengakuren raccoglieva il forte sentimento anti- americano e promuoveva scontri furibondi con la polizia.

[modifica] Il movimento in Messico

Un'altra importante manifestazione sessantottina fu quella messicana; anche questa repressa nel sangue: un numero impressionante di studenti manifestava contro le drammatiche contraddizioni sociali del paese e per la democratizzazione del sistema politico, che vedeva al potere dal 1929 il partito rivoluzionario istituzionale. La manifestazione si concluse con lo sterminio degli studenti.

[modifica] Il movimento in Francia

In Francia la protesta assunse toni molto violenti nel maggio del 1968 (vedi Maggio francese) e parve trasformarsi in rivolta contro lo stato. Essa ebbe origine da un progetto governativo di razionalizzazione delle strutture scolastiche mirante a renderle più rispondenti alle esigenze dell’industria: cosa che significava favorire i settori tecnologicamente più avanzati, facendo pesare l'incremento della produttività sulla classe operaia. Il piano di riforma scolastica prevedeva, al termine degli studi secondari, una severa selezione da effettuarsi attraverso un esame supplementare che avrebbe ridotto considerevolmente il numero degli studenti universitari e consentito l’accesso agli studenti più dotati. In questo modo l'università avrebbe corrisposto meglio alle esigenze di alta qualificazione e specializzazione tecnica previste per i quadri dirigenziali. L'approvazione di questo piano, chiamato Piano Fouchet, provocò un'immediata risposta da parte delle masse studentesche. Contro lo spirito tecnocratico del Piano Fouchet, gli studenti e i professori progressisti dell’università di Nanterre decisero di scioperare. La protesta si allargò rapidamente e il 22 marzo prese il via il movimento più noto tra quelli sorti nella primavera del 1968. Questo movimento era capeggiato da un giovane anarchico, D. Cohn Bendit, e denunciava l'esistenza di un'unica condizione di oppressione che accomunava studenti e operai. L'occupazione alla Sorbona da parte degli studenti (2 maggio) rappresentò il momento di rottura, contrassegnato da scontri con la polizia. In 13 le organizzazioni studentesche proclamarono lo sciopero generale: fu il momento culminante della rivolta ed anche il più pericoloso per lo stato, perché alla protesta aderirono anche milioni di lavoratori in tutto il paese. La Francia era paralizzata. A questo punto prese in mano la situazione Charles De Gaulle e, forte dell'appoggio dell'esercito e raggiunto un accordo con la Confederazione generale del lavoro (CGT), dichiarò la rivolta"“una follia estremistica", sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni dalle quali uscirono vincitori i gollisti.

[modifica] Il movimento in Germania

Il movimento del '68 ebbe pure in Germania un certo peso. Leader più significativo fu Rudi Dutschke.

[modifica] Il movimento in Italia

La presenza di giovani operai a fianco degli studenti fu la caratteristica anche del Sessantotto italiano, il più intenso e ampio tra tutti quelli dell'Europa occidentale. In Italia la contestazione fu il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni '60, dovuto al fatto che lo sviluppo economico non era stato accompagnato da un adeguato aumento del livello di vita delle classi più disagiate. L'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica si saldò con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati dell’istruzione e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. La contestazione fu attuata con forme di protesta fino ad allora sconosciute:vennero occupate scuole e università e vennero organizzate manifestazioni che in molti casi portarono scontri con le forze dell’ordine

[modifica] Il movimento operaio

Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai politici a dalla stampa, si passa appunto repentinamente alle lotte dei lavoratori. Prendono origine le agitazioni per il rinnovo di molti contratti di lavoro; per l'aumento dei salari uguale per tutti, per la diminuzione dell'orario, per le pensioni, la casa, la salute, i servizi, ecc. Per la prima volta il mondo dei lavoratori e il mondo studentesco unito fin dalla prime agitazioni su molte questioni del mondo del lavoro, provocano delle tensioni nel Paese sempre più radicali e a carattere rivoluzionario, sfiorando in alcuni casi l’insurrezione, visti i proclami, i giornali e i fatti che accadono in Italia. La Fiat di Torino, dopo alcuni incidenti in settembre, causati da atti di sabotaggio alle catene di montaggio, dove vengono persino distrutte migliaia di auto, reagisce e sospende 25.000 operai, dopo cinque giorni di inutili mediazioni, e si sfiora il dramma. Al grido di "potere operaio" c’è mobilitazione generale e il tentativo di occupazione dell'azienda. Ai primi di novembre si processa il padronato dell’azienda. Tre mesi di agitazione mettono in crisi la città, con tre mesi senza salario vengono paralizzate tutte le attività produttive e commerciali. Nei primi giorni di dicembre la città è vicino al Natale più nero. Nemmeno la guerra aveva angosciato tanto: spente le luci, chiusi i negozi. Il 21 dicembre con una mediazione vengono accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritorna una calma apparente. Ma inizia un'altra epoca, generando nuovi movimenti che sfociano nelle azioni armate. Ma gli operai otterranno alla fine dell'anno molti risultati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, minori ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica. E getteranno anche le basi dello Statuto dei lavoratori (siglato poi nel '70).

[modifica] L'influenza nella letteratura

[modifica] La letteratura come contestazione della società capitalistica

A partire dagli anni Cinquanta si sviluppa in Europa quel tipo di società o di civiltà nella quale ancora viviamo. Si tratta di quella "società industriale nella fase del capitalismo avanzato" o di quella "civiltà di massa" delle quali ormai i sociologi hanno esaminato tutte le caratteristiche: che vanno dal consumismo ai persuasori occulti (che attraverso una serie di canali di comunicazione trasformano l'uomo in consumatore diretto), dall’omogeneizzazione del gusto collettivo alla mercificazione di qualsiasi tipo di valori. Questo aspetto è connesso o meglio si identifica col discorso della cosiddetta industria culturale. Quest'ultima è causa ed effetto assieme di una situazione tipica della società odierna. Cioè: il mercato dell’arte si allarga a dismisura, la richiesta dei beni culturali non si diversifica da quella dei prodotti industriali, poiché anch’essi sono simboli di promozione sociale, prima ancora che di promozione culturale. Ciò comporta la riduzione del prodotto artistico a merce che segue le leggi del mercato: è la domanda a determinare l’offerta, e quindi la produzione, ed è il sistema a provocare la domanda. In ultima analisi, il prodotto artistico per essere fruibile ed accetto al mercato deve essere gradevole, aproblematico, cioè omologo al sistema. Di conseguenza il raggiungimento di questo obiettivo pone una pesante ipoteca sull"attività dell"artista che condizionato dalle leggi del mercato, si può ridurre a docile produttore di asettici beni di consumo. A questo proposito scrive Theodor W. Adorno: <<La cultura che, conforme al suo senso, non solo obbediva agli uomini ma continuava anche a protestare contro la condizione di sclerosi nella quale essi vivono e, in tal modo per la sua assimilazione totale agli uomini, faceva ad essi onore, oggi si trova invece integrata alla condizione di sclerosi; così contribuisce ad avvilire gli uomini ancora di più. Le produzioni dello spirito nello stile dell’industria culturale non sono, ormai anche delle merci, ma lo sono integralmente>>. In questa situazione è abbastanza agevole capire come mai, a partire circa dalla fine degli anni Cinquanta, si sia avuto nel mondo letterario, e soprattutto in quello delle arti figurative, un pullulare di ricerche, sperimentazioni, "neoavanguardie". Di fronte alla negatività di certi fenomeni prodotti dall’industria culturale, scrittori ed artisti hanno tentato, isolatamente o legandosi in "scuole" o "gruppi", la contestazione della prassi e dei valori della società di massa, con una varietà di atteggiamenti e di soluzioni che nelle arti figurative sembra avere assunto una volontà eversiva più marcata che nella letteratura. È però indispensabile sottolineare che quel sistema che si vuole contestare ha ormai talmente perfezionato le sue tecniche di penetrazione e di condizionamento, ha tale potere di mercificare ogni prodotto culturale, che riesce a strumentalizzare anche quest’arte di contestazione a fini commerciali, presentandolo con l’attrattiva della novità. E così, a livello di costume, il sistema commercializza la contestazione giovanile e ne canonizza un abbigliamento rituale, realizzando così grossi affari; ad un diverso livello, mercifica e banalizza i moduli dell’arte informale; riduce il recupero dell’arte popolare a mode naïf, del rustico, del primitivo.

[modifica] I cambiamenti nell'arte

In effetti, questi cambiamenti ben presto porteranno ad una nuova espressione dell’arte, del tutto originale, che si adatterà alle nuove esigenze del mondo culturale: l'arte di tutti, alias Pop Art. I pittori, infatti, erano diventati un tutt'uno col mondo fisico esterno, tanto che era impossibile capire quanto fosse dovuto all'autore e quanto lo influenzasse il mondo esterno; il perché di questo derivava dal fatto che l'immaginazione di tutti, e in particolare dei pittori, era stata impressionata dalle esplosioni nucleari, le quali non hanno confini, fondono tutto alla loro elevata temperatura. Da ciò derivò l'Espressionismo in cui nulla era distinguibile, tutto si consumava in un unico fuoco. Ma, come abbiamo visto, all’alba degli anni '60 tutto cambiò, allontanato il terrore di una guerra atomica e cresciuta l'approvazione per la tecnologia, vista come dispensiera d'abbondanza e ricchezza, s'innescò il fenomeno del boom industriale e del connesso consumismo. A questo punto, diveniva inutile "l’aggressione" alle cose da parte degli artisti; era meglio ritirarsi e lasciarsi penetrare dalla forza del progresso, rappresentata dagli oggetti prodotti in gran numero dall’industrialismo rinnovato. Colui che riuscì a rappresentare, nel migliore dei modi, questo mutamento repentino fu Roy Lichtenstein (New York, 1923), infatti, con lui gli oggetti penetrano, si stampano da protagonisti, nelle tele dell’artista. Ma, ad essere rappresentati, non sono gli oggetti appartenenti ad uno stato di natura, ma quelli usciti dal ciclo produttivo dell’uomo, definiti oggetti-cultura, oggetti non "trovati" o "raccolti", ma volutamente fabbricati per soddisfare fabbisogni di massa, le merci appunto. Proprio da qui giunge il connotato "popolare" di quest'arte, inteso non in senso di degradazione, ma poiché si serviva di oggetti-merce, "popular" appunto, dalla cui abbreviazione degli inglesi divenne POP. Obiettivo di quest’arte era dunque quello di esaltare l'oggetto industriale (trascurato dall'arte), estraniandolo dal proprio ambiente al fine di farci notare la sua esistenza, concentrando su di esso la nostra attenzione. La tecnica usata era quella dello straniamento ottenuta attraverso il ricorso a diverse tecniche tutte atte a decontestualizzare gli oggetti all’interno di una composizione artistica, in modo da giungere, mediante la loro libera associazione, ad un significato inedito. All'interno della pop-art ebbe successo il combine-paintings cioè ricombinazioni di cose vere con la pittura. Gli autentici rappresentanti della pop-art sono stati Oldenburg, Warhol e il suddetto Liechtenstein, il primo prendeva le forme della vita, le isolava, le ingrandiva e ne studiava i dettagli, il secondo rappresentava divi e politici del tempo come Marilyn Monroe o Nixon, l'ultimo affrontò l’intero mondo della mercificazione. Di fatti, una prima affermazione di questi si compie attraverso i prodotti alimentari, come le carni, nei supermercati, impacchettate nella plastica al pari di qualsiasi altro prodotto confezionato ed ancora tutti gli altri prodotti esposti negli stessi supermercati, materiale elettrico, bombolette spray, articoli sportivi ecc., alla fine, quando poi la scena era già preparata ed addobbata, si dedicò al protagonista: l’essere umano. Anche per l’uomo era di scena la pubblicità, tuttavia lo riguardava anche un’altra forma di consumo, la narrazione di storie sentimentali, infatti, in quegli anni si consumava tanta stampa rosa, pagine e pagine di immagini tracciate con linee larghe, flessuose e sintetiche rotte dal levarsi dei fumetti, nuvolette che scandivano frasi stereotipate, che scorrevano in sequenza. Intervenendo su un materiale del genere, Liechtenstein, si fece forte di un nuovo strumento di "straniamento": ingigantiva su tele di ampio formato una singola casella di una "storia", arrestando il flusso mediante l’effetto del blocco. Anche in Europa si diffuse rapidamente questo fenomeno, tuttavia andò trasformandosi in varie tendenze che sconfinavano in altre (Nuovo realismo). Tra gli italiani coinvolti troviamo Mimmo Rotella, Valerio Adamo ed Enrico Bay.

[modifica] I cambiamenti nella musica

Ma la contestazione non si esauriva a quei modelli culturali che investivano le forme d’arte, quelle letterarie e morali, giacché riuscì a trovare nella musica un’ulteriore canale di diffusione, sicuramente più incisivo. Il modello musicale che si sviluppava in contemporanea alla beat generation fu il rock'n'roll, un tipo di musica bianca, che interpretava il senso di inquietitudine, di protesta e di ribellismo dell’epoca. Esso si proponeva come un veicolo antitradizionalista e anticonformista, che voleva mettere al bando la musica melodica e sentimentalista e produrre un nuovo sound provocatorio. Con questo genere quindi si arrivava ad un punto in cui libertà in musica, nei costumi e libertà sessuale si fondevano prepotentemente, fra i maggiori interpreti ricordiamo Bill Haley e Elvis Presley. Al movimento della beat faceva seguito quello degli Hippie, ”figli dei fiori”, particolarmente presente durante gli anni della guerra del Vietnam. I maggiori interpreti del pacifismo e della solidarietà tra i popoli sono stati Joan Baez e Bob Dylan, di cui bisogna necessariamente citare la sua "Blowing in the wind". Molte canzoni furono scritte sugli avvenimenti di quegli anni, una delle più significative della musica italiana è stata composta da Francesco Guccini, cantautore dichiaratamente socialista, dedicata a ciò che è avvenuto a Praga e naturalmente intitolata "Primavera di Praga".

[modifica] Lo sport e la politica

Le grandi manifestazioni sportive mondiali, negli anni Sessanta, si rivelarono un utile e importante strumento di pressione politica o una ideale cassa di risonanza per atti e manifestazioni che con lo sport non avevano nulla a che fare.

Il fenomeno aveva avuto molto risalto ad esempio ai Giochi Olimpici del 1968 a Città del Messico con la protesta antirazzista degli atleti di colore statunitensi Smith e Carlos, sprinter statunitensi di colore, oro e argento nei 200 metri, che sul podio della premiazione alzarono il pugno chiuso, simbolo del movimento Black Power (Potere Nero).

[modifica] La fine del movimento

Nonostante fosse diffusa in tutto il mondo, la protesta giovanile si spense, all’inizio degli anni '70, ovunque senza aver riportato risultati significativi. La principale ragione di questo fallimento va ricercata nella loro incapacità di tradurre le aspirazioni in programmi concreti e in strutture organizzative in grado di realizzarli. Il Sessantotto, quindi, si caratterizzò come una rivolta morale dei giovani contro la società, piuttosto che come un insieme di movimenti politici finalizzati alla realizzazione di un qualsiasi programma. Merito del movimento giovanile di quegli anni fu, soprattutto in Occidente, quello di mettere al centro dell'attenzione valori che fino a poco tempo prima erano stati interesse di pochi. Temi come il pacifismo, l'antirazzismo, il rifiuto del potere come forma di dominio, i diritti delle donne e l’interesse per l’ambiente, entrarono a far parte stabilmente del dibattito politico e socio-culturale del mondo intero. È da osservare che dopo il Sessantotto il mondo non è cambiato poi molto, ma anche che non sarebbe stato mai più lo stesso. cessivi.

In Italia il movimento non si spense, ma si trasformò aumentando di intensità e continuò per tutto il decennio successivo e con intensità ridotta per altri decenni. In qualche misura dura ancora.

[modifica] Voci correlate

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