Melfi
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Melfi | |||
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Stato: | Italia | ||
Regione: | Basilicata | ||
Provincia: | Potenza | ||
Coordinate: |
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Altitudine: | 532 m s.l.m. | ||
Superficie: | 205,15 km² | ||
Abitanti: |
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Densità: | ab./km² | ||
Frazioni: | Capannola, Foggianello, Leonessa, Parasacco, S. Giorgio, S. Nicola,Rionero in Vulture | ||
Comuni contigui: | Aquilonia (AV), Ascoli Satriano (FG), Candela (FG), Lacedonia (AV), Lavello, Monteverde (AV), Rapolla, Rionero in Vulture, Rocchetta Sant'Antonio (FG) | ||
CAP: | 85025 | ||
Pref. tel: | 0972 | ||
Codice ISTAT: | 076048 | ||
Codice catasto: | F104 | ||
Nome abitanti: | melfesi o melfitani | ||
Santo patrono: | Sant'Alessandro | ||
Giorno festivo: | 9 febbraio | ||
Sito istituzionale |
Melfi è un comune di 17150 abitanti della provincia di Potenza. Nel territorio circostante, le colture principali sono i ricchi seminativi ed estesi boschi di castagni (alle falde del vulcano spento Monte Vulture) utilizzati tradizionalmente per la conservazione dell'apprezzato vino rosso, l'Aglianico del Vulture DOC, i cui vigneti prosperano soprattutto nei comuni limitrofi di Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Atella, Ripacandida. Recentemente nella Frazione S. Nicola è stato stabilito un distretto industriale dove tra l'altro si è installata una delle maggiori fabbriche della FIAT auto.
Indice |
[modifica] Storia
Le Origini storiche di Melfi, seppur sicuramente remote, sono avvolte nel silenzio delle fonti. Nel nome si ritrova la radice italica malp-, o melph-, probabilmente il nome di una divinità legata al culto delle acque. La sua collocazione strategica rende probabile che una roccaforte vi sorgesse già in tempi preromani; si trova infatti sulla direttrice che dal mare adriatico passa sotto le antiche città di Canosa, Lavello, poi dopo Melfi si dirige verso l'interno montagnoso. Il luogo inoltre è formidabilmente fortificato dalla natura, ricco di acqua e fertile. Alcuni ritrovamenti di tombe in un'area adiacente al castello, ora esposte nella sezione Preromana del Museo Nazionale del Melfese, e sulla collina dei Cappuccini, ora esposte a Taranto, sembrano confermare questo assunto. L'abitato di Melfi risulta incluso in epoca romana nel territorio della Colonia di Venusia, fondata nel 291 a.C.. Dopo la caduta dell'Impero Romano l'area diventa ancora più importante, sulla cerniera fra i possedimenti dei Bizantini nell'italia meridionale e i territori Longobardi; La posizione si rivela vitale per il controllo delle ricche città costiere della Puglia, come Canosa, Trani, Il grande Santuario del Monte S. Angelo. Queste località sono, con buona visibilità, perfettamente visibili da una collina a poche centinaia di metri dal castello. La lotta che si svolge fra i Bizantini e I Longobardi del Principato di Benevento e di Salerno vede Melfi passare di mano numerose volte. All'inizio dell'XI secolo fanno la loro apparizione in meridione delle bande di mercenari composte da Normanni, fra tutti i celebri Rodolfo Drengot, che diviene conte di Aversa e i membri della Famiglia Hauteville (Altavilla) Nel settembre del 1042, Guglielmo Braccio di Ferro e gli altri capi normanni si rivolgono al duca longobardo Guaimario di Salerno per ottenere il riconoscimento ufficiale della conquista del territorio di Melfi. In cambio accettano di prestare omaggio come vassalli. Ansioso di ostacolare i tentativi espansionistici di un altro Normanno, Rainolfo d'Aversa, Guaimario ratifica (1043) l'alleanza con gli Hauteville. Il territorio di Melfi viene assegnato a dodici "condottieri", cioè dodici baroni, indipendenti l'uno dall'altro, che governano in modo collegiale, e giurano di prestarsi assistenza reciproca. Ognuno deve erigersi un palazzo in un differente settore di Melfi, che resterà però indivisa. I feudi vengono attribuiti a seconda del rango e del merito: Ascoli Satriano spetta a Guglielmo, Venosa a Drogone e così via. Guglielmo d'Altavilla, che si fregia del titolo di conte già dal 1042, sposo della nipote del duca di Salerno, è comunque fin dall'inizio in posizione dominante. La Famiglia degli Altavilla parte da qui alla conquista dell'intero meridione d'Italia e della Sicilia, ma alla contea di Melfi, pur passata in secondo piano, rimarrà il ruolo simbolico di "culla dei Normanni". Questa è il l'Epoca Aurea di Melfi, che da piccolo castello si ritrova capitale, sia pure secondaria, di uno dei regni più potenti del Mar Mediterraneo; nel castello, poiché i Normanni, conquistato tutto il meridione d'Italia, pur di ottenerne l'investitura si dichiarano vassalli del Papa, vengono tenuti quattro Concili Papali tra il 1059 e il 1101, e nel 1089 vi viene bandita la Prima Crociata.
L'imperatore Federico II, rampollo della casa sveva da parte di padre e della famiglia reale degli Altavilla da parte di madre, pur prediligendo gli agi di Palermo non dimenticò Melfi, culla prestigiosa del regno Normanno nel meridione d'Italia. La regione inoltre era particolarmente adatta per il suo svago preferito, La Falconeria. Federico utilizzò il castello come tesoreria regia, come deposito delle riscossioni effettuate in Basilicata, nonché come prigione, visto che il saraceno Othman di Lucera vi fu incarcerato e dovette pagare 50 once d’oro per riacquistare la libertà. Nel 1232 vi ospitò il marchese di Monferrato e sua nipote Bianca Lancia, la donna da cui ebbe il "bastardo" Manfredi; nel 1241, vi trattenne come prigionieri di riguardo due cardinali e numerosi vescovi francesi e tedeschi che avrebbero dovuto partecipare ad un Concilio convocato dal Papa per deporlo. L'episodio più famoso è ovviamente la promulgazione nel 1231 del codice unico di leggi per L'intero regno di Sicilia, opera di grandissima importanza nella storia del diritto. Il codice, Opera principalmente del Protonotario e Logoteta Pier delle Vigne, ma con contributi di tutta la corte e dello stesso sovrano, ha il nome ufficiale di "Constitutiones Regni Utriusque Siciliae", ma è più celebre come "Costituzioni di Melfi". A seguito della Battaglia di Benevento poi della battaglia di Tagliacozzo e della distruzione degli Hohenstaufen, La famiglia di Carlo d'Angiò si installa da padrona nel Regno, facendo di Napoli la nuova capitale e tagliando netto col passato normanno-svevo. Melfi ormai scivola sempre più in secondo piano anche se il castello viene potentemente rinforzato. Nella zona infatti i partigiani degli Hohenstaufen sono infatti ovviamente molto attivi, e causano molti fastidi agli angioini, facendo leva sul sentimento popolare e sulla scarsa simpatia riscossa dagli avidi "francesi" Tra Angioini e Aragonesi la partita venne giocata prevalentemete sul mare e sul versante tirrenico, ma Melfi rimase comunque un ricco territorio da assicurarsi. Nel castello si tennero alcune riunioni durante la sanguinosa Rivolta dei Baroni contro re Ferrante D'Aragona e suo figlio il Duca di Calabria. Nel Corso della Guerra Fra Francia e Impero, il 23 marzo 1528 Melfi subì il sanguinoso assedio mossole dall'esercito francese Di Pietro Navarro e del Lautrec, che respinto una prima volta,con l' assalto a porta Bagni, ritornò all'attacco con le artiglierie e irruppe prima nella cerchia muraria urbana, vicino alla porta Venosina, poi nel castello, massacrando gran parte della popolazione:Melfi da 30.000 abitanti si riduce a 6.000 abitanti. La città, saccheggiata e bruciata, fu abbandonata per mesi e si dovette ricorrere a speciali incentivi per ripopolarla.Gli spagnoli tornarono in città,per cacciare l' intruso francese,non risparmiando nessun nemico. Ancora oggi vive nel folklore melfitano la leggenda della eroica impresa di Ronca Battista. A seguito di questi eventi, la città perse definitivamente di importanza; Il titolo di Duca, poi principe di Melfi, fu assegnato dal vincitore Carlo V ad Andrea Doria, i cui discendenti lo tennero, insieme al castello, fino al 1950. Alcune industrie, sorte in località San Nicola, hanno contribuito allo sviluppo della città, culminato con la scelta di localizzare nella stessa area industriale un grande stabilimento FIAT. In caso di ulteriore ampliamento del numero delle provincie in Italia, la città di Melfi è stata prescelta come terza provincia lucana dopo Potenza e Matera. Un decreto legge passato all'esame di Camera dei Deputati e Senato potrebbe consentire alla città e alle zone limitrofe ulteriore sviluppo economico e culturale.
[modifica] Evoluzione demografica
Abitanti censiti
[modifica] Il castello
Se è ragionevole pensare che una posizione formidabile come quella occupata dall'attuale castello non potesse sfuggire agli antichi è anche vero che nessuna traccia di costruzioni romane o longobarde o bizantine (di cui sappiamo però perfettamente che occuparono l'area) è oggi visibile. La prima fase costruttiva di cui restino chiare tracce è quella Normanna. Il castello doveva allora assomigliare a molti altri castelli normanni ancora visibili: un recinto rettangolare con torri quadrate agli angoli e alcune rompitratta, probabilmente due torri ravvicinate a rinserrare la porta. Strutture di epoca normanna si riconoscono in uno dei due grossi corpi di fabbrica interni, trasformato tra XVI e XVIII secolo in palazzo baronale mediante la chisura con diaframmi murari degli spazi esterni tra torre e torre: in pianta ciò è perfettamente visibile. In questo periodo aureo per Melfi nel castello si svolsero quattro concili papali tra 1059 e 1101 e fu formalmente bandita la prima crociata nel 1089. Roberto il Guiscardo vi confinò la prima moglie Alberada, ripudiata per sposare Sichelgaita, sorella del principe di Salerno. Nonostante I numerosi soggiorni non è oggi visibile nessuna particolare costruzione ascrivibile al peiodo Svevo, il cui principale rappresentante Federico II Hohenstaufen rivolse la propria frenetica attività costruttiva altrove: Il castello della madre bastava evidentemente ai suoi scopi.
Dopo la Fine della Casa Sveva e L'avvento degli angioini inizia il secondo grande momento costruttivo del castello di Melfi; Ad opera dei capimastri Riccardo da Foggia, Jean de Toul e Pierre d’Angicourt viene costruito tutto il lato del castello affacciato sulla vertiginosa pendenza della valle del torrente Melfia, scaglionato a diverse altezze sul pendio, che conferisce al castello il suo caratteristico aspetto attuale. Il castello, anche se Melfi dopo l'esecuzione di Corradino di Svevia si avviava a perdere definitivamente la sua importanza, rimase roccaforte reale e fu anzi prescelto come residenza ufficiale della moglie di Carlo D'angiò..
Gli aragonesi affidarono il castello alla famiglia Caracciolo che ne ricostruì completamente il fronte verso la città: fu scavato un profondo fossato secco con scarpa e controscarpa parzialmente in muratura, in vista dell'utilizzo delle artiglierie. Più indietro, ma ben visibili dall'abitato, le alte torri Dei Cipressi e dell'Orologio non hanno già più funzione strettamente militare, prefigurando l'utilizzo del castello come residenza baronale di prestigio. Nel castello si tennero alcune riunioni durante la sanguinosa Rivolta dei Baroni contro re Ferrante D'Aragona e suo figlio il Duca di Calabria.
A queste vicende, ai numerosi e violentissimi terremoti, e al lungo disinteresse della famiglia Doria per la gigantesca fortezza si deve lo stato in cui il castello versava fino a pochi anni fa; un grandioso guscio vuoto, simile ad una nave arenata che si sta sfasciando sugli scogli, ai bordi dell'abitato. I recenti, lunghissimi e indispensabili restauri stanno rendendo accessibile un numero sempre maggiore di stanze, e la collocazione della sezione preromana del Museo Nazionale del Melfese nell'antico nucleo normanno gli rendono finalmente un ruolo di importante attrazione turistica e oggetto di studi.
[modifica] Altri monumenti
Non molti monumenti antichi restano nel centro di Melfi, squassato da innumerevoli terremoti. Il più notevole è certamente il Campanile della cattedrale, opera datata e firmata, in una lapide ancora visibile in situ da Noslo di Remerio nel 1153. Notevolissime le decorazioni a tarsia bianca e nera realizzate in lava e pietra di Trani. La stessa Cattedrale conserva una Madonna di stile bizantino di incerta datazione e provenienza (il muro su cui è appoggiata non è antico) e una notevole collezione di arredi lignei barocchi. L'attuale costruzione è il risultato di innumerevoli rifacimenti e non è facile distinguere le diverse fasi costruttive. L'unica certezza è che non è antica quanto il campanile. Accanto alla Cattedrale il monumentale complesso del Palazzo Vescovile, uno dei più belli d'Italia, opera del sec. XVIII, omogenea e ben conservata. Le mura, nella forma attualmente visibile di epoca angioina (1277-1281), includono resti Svevi (porta Venosina) e forse Normanni (porta Troiana) e addirittura tardoromani (porta Calcinara). Il circuito segue l'orlo del pianoro su cui fu costruita la città, cinto da ogni parte da scoscendimenti, a tratti da veri e propri precipizi. Rimase intatto fino al terremoto del 1930 quando per portar via le macerie fu distrutto il tratto che includeva la porta del Mercato. Poche piccole chiese conservano ancora resti antichi, confusi e poco leggibili. Ben altra importanza hanno le Chiese Rupestri, spesso molto antiche, sparse nella campagna intorno al nucleo antico, come la chiesetta della Madonna delle Spinelle, le chiesa di Santa Margherita, Santa Lucia in contrada Giaconelli. Altre chiese sono state scoperte recentemente e forse altre attendono ancora.
[modifica] Sport
Melfi è stata più volte arrivo di tappa del Giro d'Italia:
- 1992 (30 maggio): 6^ tappa, vinta da Guido Bontempi.
- 1994 (26 maggio): 5^ tappa, vinta da Endrio Leoni.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Museo archeologico nazionale del Melfese (Atlante archeologico dell Direzione generale per i beni archeologici del Ministero per i beni e le attività culturali)
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