Operazione Pace in Galilea
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L'espressione Operazione Pace in Galilea indica l'occupazione da parte di Israele del Libano meridionale nel 1982
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[modifica] Le cause
In quel periodo il Libano era squassato dalla guerra civile che vedeva coinvolti i vari gruppi etnici o religiosi del paese (Sciiti, Sunniti, Drusi, Cristiani) nonché i profughi palestinesi e la vicina Siria. Il governo israeliano era scosso dall’impotenza degli attacchi dell’aviazione israeliana che sembrava incapace di far cessare gli attacchi al confine libanese. Il rifiuto siriano di spostare le batterie sovietiche SAM-6 dalla valle della Beka’a e il piccolo esodo di cittadini israeliani dal confine con il Libano causato dal timore di attacchi palestinesi fornì al secondo governo Begin guidato all’epoca dal Likud (molto più a destra del precedente) di lanciare l’operazione “Pace in Galilea”.
[modifica] Le operazioni
L'invasione iniziò il 6 giugno con una rapida avanzata di Israele nel sud lungo due direttrici: a ovest contro i Palestinesi che opposero scarsa resistenza e ripiegarono verso Beirut e nel centro contro i siriani sostenuti da altre fazioni palestinesi. Israele intendeva conquistare la strada Beirut-Damasco.
Gli obbiettivi del ministro Sharon erano l'eliminazione di tutte le infrastrutture dell'Olp in Libano, la distruzione della minaccia siriana compresi i missili terra aria sovietici e la ricomposizione del conflitto libanese sotto un governo centrale non ostile allo stato di Israele. Evitando di attaccare il grosso dell'esercito siriano a est il Ministro della difesa convinse però molti osservatori in Israele e all'estero che l'operazione fosse ancora "limitata". L'esercito israeliano continuava la manovra di accerchiamento della capitale stabilendo il contatto con le forze del fronte libanese di Bachir Gemayel che in ultima istanza si rifiutò di prendere Beirut ovest dove si rifugiavano gli uomini dell'Olp.
A questo punto il governo Begin decise per la linea dura dando inizio a dieci settimane di assedio volto a liquidare l'Olp o a favorirne l'evacuazione da Beirut. Grazie al mediatore americano Philip Habib si raggiunse un accordo che favoriva il trasferimento degli uomini in armi dell'Olp in Grecia e a Tunisi grazie alle forze di pace multinazionali che sbarcarono a Beirut il 25 agosto 1982.
L'uccisione del neo-eletto presidente libanese Gemayel dopo il ritiro delle forze multinazionali fece precipitare gli eventi, Israele occupò Beirut ovest.
[modifica] Sabra e Chatila
Tra il 17 e il 18 settembre (dunque dopo la fine delle operazioni) nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila (nei pressi di Beirut) entrarono i falangisti cristiani che uccisero un numero di persone compreso tra 800 e 1500.
La fazione falangista era alleata di Israele e, inoltre, il massacro avvenne a breve distanza dalla zona occupata dall'esercito di Tel Aviv.
Il massacro fu perciò interpretato dall’opinione pubblica israeliana come responsabilità (quantomeno indiretta) di Israele. Nacque così un forte movimento di protesta all'interno del paese e una manifestazione di 400.000 persone portò alla destituzione del ministro della difesa Ariel Sharon che rimase però nel governo come ministro senza portafoglio e del capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Rafael Eytan, considerati “indirettamente” responsabili da una apposita commissione di inchiesta israeliana (commissione Kahan), istituita il 28 settembre 1982.
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