Patarini
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La Pataria, il movimento dei patarini, fu un movimento milanese nato dalla reazione del clero di base e dei ceti più umili contro la simonia e la ricchezza delle alte cariche ecclesiatiche. Il termine pataria deriva dalla parola dialettale milanese patee, stracci, usata per definire, in maniera spregiativa, i suoi adepti.
[modifica] Storia del movimento
I contrasti fra basso clero, popolo e alto clero a Milano iniziarono nel 1045, quando fu eletto arcivescovo Guido da Velate (1045 – 1071), che succedette a Ariberto da Intimiano (967 – 1045). Costui fu un personaggio molto discutibile, signore assoluto della città e dei territori che gli erano soggetti, lottò tutta la vita sia per rimanere indipendente dall’impero, sia per tenere sottomessi i suoi feudatari minori e poter conservare intatti tutti i suoi privilegi. La successione di Ariberto fu contrastata perché la nascente borghesia iniziava a prendere coscienza di se e la nobiltà minore comincia a crescere d’importanza, pertanto, si sentiva l’esigenza di una spinta moralizzatrice all’interno del clero e di una maggiore uguaglianza tra i ceti sociali. Il clero milanese aveva chiesto all’imperatore Enrico il Nero (1017 – 1056), che controllava le elezioni dei vescovi in tutto l’impero, di scegliere tra quattro candidati retti ed onesti: Anselmo da Baggio, Landolfo Cotta, Attone e Arialdo da Carimate. Tuttavia, l’imperatore decise per Guido da Velate, noto per essere dedito al nicolaismo. Il movimento patarino si sviluppò proprio per contrastare questo malcostume. Capi storici del movimento furono, a vario titolo, i quattro candidati a vescovo, che incitarono, con successo, la popolazione a rifiutare i sacramenti dai sacerdoti corrotti e nicolaiti. Per contrastare il movimento, l’imperatore nominò Anselmo da Baggio vescovo di Lucca e l’arcivescovo scomunicò sia Arialdo da Carimate che Landolfo Cotta.
Comunque, dopo la fine del regno di papa Benedetto IX, anche il papato al suo interno sentiva il bisogno di riforme e già con Leone X (1049 – 1054) erano stati condannati il concubinato e la simonia dei preti. Forte di questi presupposti, Landolfo Cotta cercò di andare a Roma per esporre i problemi milanesi a papa Stefano X (1057 – 1058), ma i sicari dell’arcivescovo lo intercettarono nei pressi di Piacenza e quasi lo uccisero. Si salvò, ma morì nel 1061 per le conseguenze di un altro attentato. Anche Arialdo tentò la stessa strada, ma solo nel 1060 il pontefice successivo, Niccolò II (1059 – 1061), mandò a Milano una delegazione che, sotto il controllo di Pier Damiani e di Anselmo da Baggio, riportò la calma in città. Dopo la morte di Landolfo Cotta, Arialdo da Carimate nominò capo militare dei patarini Erlembaldo Cotta, fratello di Landolfo. Nello stesso anno venne proclamato papa Anselmo da Baggio, che prese il nome di Alessandro II. Tutto filò liscio fino al 1066, quando il papa consegnò ad Erlembaldo il Gonfalone della Chiesa e due bolle di richiamo al clero milanese e di scomunica per Guido da Velate. Guido si ribellò e nei durissimi scontri del 4 giugno furono feriti Erlembaldo, Arialdo e Guido, che lanciò l’interdetto su Milano finché Arialdo non ne fosse uscito. Arialdo, per evitare inutili sofferenze alla città ne uscì, ma era una trappola. Fu catturato dagli uomini di Guido e portato nel castello di Arona per essere interrogato. Qui fu torturato a morte e, il 26 giugno, gettato nelle acque del Lago Maggiore. Secondo la leggenda il suo corpo fu ritrovato intatto l’anno successivo e papa Alessandro II lo proclamò santo. La lotta fra i patarini e Guido da Velate proseguì fino al 1071, anno della morte di Guido, ma i suoi sostenitori fecero eleggere Goffredo da Castiglione. Erlembaldo, allora, propose Attone, che fu immediatamente riconosciuto dal nuovo papa, Gregorio VII (1073 – 1085), che nel 1075 scomunicò Goffedo. Erlembaldo trovò la morte nei tumulti che seguirono a questa nomina. Fu un colpo decisivo per il movimento che, anche con la morte di Gregorio VII, perse tutti i suoi sostenitori più importanti. Nel 1089 papa Urbano II (1088 – 1099) sentenziò che i sacramenti impartiti da preti simoniaci e corrotti ereno ugualmente validi. Questa tesi smontava completamente le tesi patarine. Dopo questi avvenimenti il movimento degenerò sempre più verso tesi manichee, al punto di essere perseguitato, nel 1185, come setta eretica da papa Lucio III (1181 – 1185)