Simbolismo
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Il Simbolismo, come scuola letteraria ed atteggiamento del gusto e dello spirito, fu un momento del decadentismo, ma fu anche la tendenza più valida della letteratura di fine Ottocento, destinata ad un'ampia fortuna anche nel Novecento. Il movimento si distinse dal Decadentismo per una più accentuata ricerca della musicalità e per un uso accentuato dell'analogia. Il movimento ebbe origine in Francia, nel 1886, con il manifesto di Jean Moréas, apparso sul Figaro.
Moréas, l'anno precedente, in un articolo apparso sul XIXme Siècle aveva definito "Simbolisti" Verlaine, Mallarmé ed i loro seguaci. I poeti simbolisti riconobbero il loro maestro in Baudelaire, e più tardi in Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, che di questa tendenza rappresentarono l'espressione più alta; diedero vita a numerose riviste. Non mancarono i manifesti. Il movimento ebbe vasta risonanza europea, con seguaci inglesi, tedeschi, russi, spagnoli. In Italia furono legati al Simbolismo Pascoli, D'Annunzio e, in genere, i poeti della prima metà del secolo.
Il nome del movimento deriva da un'idea del mondo come una rete di simboli (le cose) mediante la quale il poeta evoca una realtà più profonda, ricostruendola e reinventandola su una trama di analogie e corrispondenze. Tale visione del mondo produce nell'arte una rivoluzione totale, del contenuto e delle forme. Ammessa l'impossibilità di conoscere la realtà vera mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, si pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere d'intuizione non razionale ed immediata, possa esprimere le rivelazioni dell'ignoto. La poesia diviene dunque la più alta forma di conoscenza, l'atto vitale più importante: coglie le misteriose analogie che legano le cose, scopre la realtà che si nasconde dietro le loro apparenze esteriori, esprime i presentimenti che affiorano nell'animo.
Per questo la poesia è concepita come messaggio che giunge da lontano, come espressione simbolica di ciò che è inesprimibile. La poesia non rappresenta più immagini o sentimenti concreti, rinuncia al racconto, alla proclamazione di ideali. La parola non è più usata come elemento del discorso logico, ma per la sua capacità evocativa e suggestiva. La struttura espressiva tradizionale è abbandonata, insieme con ogni forma di costruzione intellettuale e sintattica. Nascono la poesia del frammento illuminante, ricco di significati simbolici, e una nuova metrica, sciolta dagli schemi della tradizione, intesa a rendere il ritmo della vita interiore. La nuova poesia non si rivolge all'intelletto o al sentimento del lettore, ma al suo inconscio. La poesia si propone di offrire non dei concetti, ma un'esperienza dell'ignoto. Il poeta non è più il Vate romantico che rivela la verità delle cose, guida e coscienza dei popoli: è il veggente che interpreta la realtà.
La vera novità di questa poetica si verifica a livello di linguaggio e di espressione. Si prediligono le metafore che alludono alla complessità del mondo e ne riflettano la cangiante metamorfosi, le analogie fra le cose come manifestazione d'una profonda e segreta unità. Di qui, ad esempio, l'uso frequente della sinestesia, ovvero il passaggio, nell'immagine, da una sfera sensoriale ad un'altra (es.: l'impressione visiva è sostituita da quella tattile, per indicare la simultaneità di tutte le spinte emotive della coscienza).
La poesia è, per i simbolisti, una creazione del mondo attraverso il linguaggio, una prova della creatività dell'Io. La ricerca d'una musicalità verbale, data dal verso libero, evocativa ed impressionistica, rivela in tali poeti la volontà di raffigurare in forma unitaria l'apparente diversità della vita.
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