Volo su Vienna
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Il volo su Vienna del 9 agosto 1918, fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell'87a squadriglia, detta la Serenissima. Dieci erano monoposto, pilotati da Locatelli, Allegri, Censi, Finzi, Massone, Granzarolo, Sarti, Ferrarin, Masprone e Contratti ed un biposto pilotato dal Capitano Natale Palli. Il Maggiore Gabriele d'Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco, era nell'abitacolo anteriore.
Il volo era stato progettato dallo stesso D'Annunzio, più di un anno prima, ma difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell'autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 D'Annunzio aveva compiuto un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l'autorizzazione necessaria all'impresa arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio che avrebbe voluto attingere al dannunzianesimo (moda dell'epoca):
«Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città ... Con questo raid l'ala d'Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica.
Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza. |
Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia i 13 apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare. Un secondo tentativo si compì l'8 agosto, ma il vento contrario fece rinunciare anche questa volta. Finalmente la mattina del 9 agosto, alle ore 5:50 della mattina, dal campo di aviazione di San Pelagio (Padova) con undici apparecchi. I velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti dovettero atterrare non appena partiti, mentre Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener-Neustadt ed incendiò lo S.V.A. prima della cattura.
Gli altri sette compirono l'impresa, giunsero su Vienna alle 9:20 lanciando 50.000 copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio che recitava:
«In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge.
Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta. Viva l'Italia!» |
Il testo di D'Annunzio venne giudicato mancante di efficacia, nonché impossibile da rendere correttamente in tedesco, da Ferdinando Martini che così commentò:
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Furono perciò lanciate anche 350.000 copie di un secondo e più pratico, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco:
«Viennesi!
Imparate a conoscere gli Italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle liberta nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni. Viennesi! Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s'è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandola» |
Un comunicato ufficiale del Comando Supremo riportò:
In effetti non vi fu reazione da parte delle forze austroungariche: solo due caccia austriaci che avevano avvistato la formazione si affrettarono ad atterrare per avvertire il comando, ma non furono creduti.
L'impressione che questo raid produsse in Italia e nel mondo fu enorme. A Roma fu lanciata la proposta d'incoronare D'Annunzio sul Campidoglio, ma egli rifiutò.
Il ritorno avvenne dopo poco più di 7 ore e mille chilometri di volo, sempre allo stesso aeroporto di partenza.
Il valore propagandistico dell'impresa fu soprattutto a uso interno italiano, mentre l'episodio fu militarmente irrilevante.