Canicattì
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Canicattì | |||
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Stato: | Italia | ||
Regione: | Sicilia | ||
Provincia: | Agrigento | ||
Coordinate: |
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Altitudine: | 465 m s.l.m. | ||
Superficie: | 91,41 km² | ||
Abitanti: |
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Densità: | 367,62 ab./km² | ||
Frazioni: | |||
Comuni contigui: | Serradifalco (CL), Montedoro (CL), San Cataldo (CL), Caltanissetta (CL), Delia (CL), Sommatino (CL), Riesi (CL), Castrofilippo, Racalmuto, Grotte, Favara, Naro, Camastra, Palma di Montechiaro, Campobello di Licata, Ravanusa | ||
CAP: | 92024 | ||
Pref. tel: | 0922 | ||
Codice ISTAT: | 084011 | ||
Codice catasto: | B602 | ||
Nome abitanti: | canicattinesi | ||
Santo patrono: | San Pancrazio | ||
Giorno festivo: | 3 aprile | ||
Sito istituzionale |
Canicattì è un comune di 33.604 abitanti della provincia di Agrigento.
Indice |
[modifica] Geografia
Il territorio comunale, al confine fra la provincia di Agrigento, cui appartiene, e quella di Caltanissetta, si estende per 91,41 kmq in media collina. Il centro abitato giace, a 465 metri s.l.m., in una conca naturale (l'alta valle del fiume Naro) circondata da basse colline, assai fertile e tradizionalmente vocata alle colture frutticole (un tempo il mandorlo, oggi l'uva Italia, l'uva da mosto, la pesca e l'albicocca). L'area si differenzia notevolmente dal territorio circostante, ove è diffusissima la cerealicoltura e, in generale, un'agricoltura estensiva e povera. Tale differenza è evidente sia nel paesaggio agricolo che nel centro urbano. Più verde e florido il primo, maggiormente ricco di attività commerciali, anche all'avanguardia, e di animazione cittadina il secondo, rispetto ai centri vicini di entrambe le province.
[modifica] Storia
Il nome di Canicattì è di origine araba. Deriva da Handaq-attin, che vuol dire fossato di argilla, toponimo che troviamo in una carta geografica della Sicilia sotto i Saraceni.
Dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni, il signore del luogo, probabilmente l'Emiro Melciabile Mulè, fu assediato e sconfitto dal barone Salvatore Palmeri (1087), che era al seguito del Conte Ruggero e questi per ricompensa gli offrì la spada e il dominio del feudo. Sotto la signoria dei Palmeri, la fortezza araba venne ampliata e prese l'aspetto di un vero e proprio castello con una torre.
Ai normanni successero i Francesi, cacciati poi dagli Aragonesi. Nel 1448 il feudo di Canicattì venne ceduto da Antonio Palmeri, che non aveva figli, al nipote Andrea De Crescenzio. Questi ottenne dal re Giovanni d'Aragona la "Licentia populandi", cioè la facoltà di ampliare i confini del feudo, di incrementare gli abitanti e di amministrare la Giustizia. Sotto il De Crescenzio, Canicattì era una comunità rurale che contava da mille a millecinquecento abitanti, insediati nella parte alta della città. Ad Andrea succedette il figlio Giovanni, che non avendo figli maschi, lasciò la baronia al genero Francesco Calogero Bonanno, nel 1507.
Con il casato Bonanno la città conobbe un considerevole incremento demografico; i feudatari, prima baroni, poi duchi e infine principi della Cattolica, fecero costruire splendidi edifici e fontane. La signoria dei Bonanno durò fino a tutto il '700, ma verso la fine del secolo iniziò il suo declino; la società feudale si avviava a scomparire. L'ultimo dei Bonanno, nel 1819, cedette la signoria di canicattì al barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro.
Dopo le sommosse e rivoluzioni del 1848 e 1859/61, raggiunta l'unità d'Italia a Canicattì sorsero banche, mulini e stabilimenti che incrementarono il commercio.
La città è da secoli il centro più importante lungo la direttrice di comunicazioni - oggi stradali e ferroviarie - fra Agrigento e Caltanissetta (e da qui verso Catania e Palermo).
[modifica] Economia
Favorita dalla posizione strategica e dalla tradizionale laboriosità degli abitanti, già verso la fine dell'Ottocento la città ferveva di attività commerciali e industriali di rilievo; l'agricoltura vi appariva avanzata ed era presente anche un forte comparto minerario, con estrazioni di salgemma e zolfo (il territorio è contiguo all'altopiano solfifero che si estende a Ovest del comune).
Negli anni settanta del Novecento l'economia locale prese un forte slancio grazie all'esplosione del fenomeno della coltura intensiva dell'uva bianca da tavola della varietà "Italia", di cui Canicattì divenne centro eponimo. In quegli anni la ricchezza apportata dall'agricoltura fu improvvisa e ingente, tanto da porre la città fra i centri italiani più dinamici durante il c.d. "boom" economico degli anni ottanta, al pari di cittadine del centro-nord del Paese.
L'afflusso di denaro portò il fiorire di attività commerciali e, in minor misura, industriali. Comportò, altresì, un sia pur limitato aumento della popolazione (dai 28.094 abitanti del 1971 ai 32.344 del 1991), che peraltro assume maggior peso se guardato nella prospettiva locale di uno spopolamento pressoché generalizzato dei centri urbani della Sicilia interna e collinare-montana. Veri e propri fenomeni di immigrazione interna favorirono tale aumento: molti cittadini provengono dai centri vicini, e si sono trasferiti a Canicattì, spesso, dopo avervi studiato, poiché la città è anche sede di diversi istituti di istruzione secondaria (che coprono un largo raggio di tipologie). Era presente anche un'immigrazione interna stagionale, per la raccolta dell'uva, oggi perlopiù sostituita dall'immigrazione dall'estero (Romania e Marocco, in primo luogo).
Nel 1997 è stato riconosciuto dall'Unione Europea il marchio IGP (indicazione geografica protetta) "Uva da tavola di Canicattì". Nel 2005, dopo alcuni anni di inerzia, è stato costituito il Consorzio di Tutela (contattabile presso il Comune di Canicattì) e sono stati attivati i meccanismi di certificazione che hanno portato all'ingresso effettivo dell'uva a marchio IGP sui mercati nazionali e comunitari; ne è conseguito un immediato aumento di valore del prodotto, con evidente vantaggio dell'economia locale.
Negli ultimi anni, però, la monocoltura dell'uva da tavola ha mostrato i suoi lati negativi, accusando fortemente le crisi stagionali e la costante riduzione del prezzo di vendita all'ingrosso (in termini reali, e fino al rialzo del 2005). Sono stati quindi espiantati molti vigneti e si è scesi da una superficie stimata di c.a. 20.000 ettari a una di c.a. 12.000 ettari. Su alcuni dei terreni così liberati sono stati impiantati pescheti, che dopo alcune stagioni anche largamente positive hanno accusato la mancanza di una politica di ampio respiro e, più concretamente, di strutture per la conservazione e il trattamento del delicato frutto. I pescheti sono estesi per c.a. 2.000 ha, e cominciano a diffondersi le coltivazioni di albicocche e di uva da mosto. Quest'ultima - presente soprattutto con il vitigno "Nero d'Avola" - produce alcuni ottimi vini e il settore sembra offrire qualche spunto d'ottimismo, rafforzato, per l'uva da tavola, dall'avvio della produzione IGP, la cui qualità può spuntare sul mercato prezzi ben più alti di quella priva di certificazione europea.
Nonostante le difficoltà del comparto agricolo, apparse gravi negli anni successivi al 2001, l'agricoltura rimane, finora, la prima attività economica del comune, con circa il 28% degli occupati. Segue il commercio con il 21%, la pubblica amministrazione con il 9%, l'industria edile con l'8,5%, l'industria manifatturiera con l'8%, l'istruzione con l'8%, le intermediazioni con il 4,6%, i trasporti e le comunicazioni con il 3,7%, gli affari immobiliari con il 3,3%, la sanità con il 3%, gli altri servizi pubblici con il 3% e gli esercizi alberghieri e di ristorazione con il 2%.
[modifica] Evoluzione demografica
Abitanti censiti
[modifica] Monumenti
Tra i momumenti più importanti si ricordano:
- Chiesa Madre San Pancrazio, edificata grazie alle offerte dei baroni Adamo e della popolazione. Conserva una tela del "Monocolo" Pietro d'Asaro, rappresentante la Sacra Famiglia, S.Anna, S. Gioacchino e un donatore con un cesto di frutta.
- chiesa di Santo Spirito con annesso chiostro, del seicento. Il convento fu edificato per volere di donna Antonia Balsamo Bonanno e del frate Antonio Nocera, sui resti di un vecchio oratorio.
- la Chiesa dei S.S. Filippo e Giacomo del 1662. Annesso alla chiesa fu edificato il Monastero delle benedettine, oggi abbandonato
- chiesa di San Diego d'Alcalà, protettore della città, sede della Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego.
- chiesa di San Francesco, della fine del '500, un tempo dei frati conventuali.
- chiesa San Domenico, del 1612, con annesso convento dei domenicani
- resti della secentesca fontana del Nettuno situati nel prospetto della torre campanaria della chiesa del Purgatorio
- Teatro Sociale (nel 1927 ospitò Luigi Pirandello con la sua Compagnia teatrale), opera dell'architetto Ernesto Basile
- Villa Firriato, sempre del Basile, edificata alla fine dell'800
- palazzo La Lomia del XVII secolo, sito in via Cattaneo; un altro palazzo La Lomia si trova in via Mariano Stabile
- palazzo Gangitano
- palazzo Adamo
- palazzo Bartoccelli, già Adamo
- Villa Giacchetto
- resti romano-bizantini di Vitosoldano.
- resti della Rocca Baronale, nel Largo Castello
Purtroppo, per quanto riguarda i beni culturali, le Amministrazioni Comunali dal dopoguerra a oggi, hanno fatto nulla; anzi, alcune giunte hanno deturpato e rovinato ancora di più i beni che la città possiede, modificando in peggio il volto di Canicattì. I cittadini dovrebbero gridare il loro dissenso ma, a quanto pare, tranne qualche piccola e flebile voce, tutto tace.
[modifica] Personaggi illustri
La città ha dato i natali a diversi personaggi illustri: il Venerabile *padre Gioacchino La Lomia, Mons. Angelo Ficarra, il senatore Salvatore Gangitano, il senatore Salvatore Sammartino, lo scienziato Antonino Sciascia, il filosofo Calogero Angelo Sacheli, il patriota risorgimentale Vincenzo Macaluso, il capitano Giovanni Ippolito eroe della Grande Guerra della Brigata Catanzaro, il tenente-colonnello pilota Vincenzo La Carrubba eroe della II guerra mondiale, il sociologo padre Angelo Brucculeri, l'avvocato Giovanni Guarino Amella, lo scrittore Giuseppe Alaimo, il poeta Peppi Paci, i magistrati Rosario Livatino e Antonino Saetta e tanti altri.
[modifica] Cultura
La città è nota anche per l'Accademia del Parnaso, nata nel 1922, e che, attraverso la poesia e il suo magnifico "Statuto" prendeva di mira il potere e molti aspetti della vita del tempo. Tra i fondatori, che potrebbero benissimo essere paragonati alle "maschere" della commedia dell'arte si ricordano un oste, il quale declamava i suoi versi all'interno della sua attività, il fascista don Ciccio Giordano, un filosofo, professore universitario e pedagogo , il prof. Calogero Angelo Sacheli, un farmacista-giornalista-polemista e cioè il socialista Diego Cigna, un barone eccentrico e grande viaggiatore, Agostino La Lomia, un avvocato, il quale durante un processo chiese la perizia psichiatrica per il suo assistito solo per aver scelto lui come difensore, Salvatore Sanmartino, un poeta, definito il "cantore di Agrigento", Francesco Macaluso, un sarto, Giuseppe Paci, autore delle famose "Maschere", un venditore ambulante, Pietro Greco. Tra i suoi arcadi vanno ricordati: Luigi Pirandello, Marta Abba, Filippo Tommaso Marinetti, Adriano Tilgher (che la definì la "più audace Accademia satirica italiana"), Leonardo Sciascia e tanti altri.
[modifica] Amministrazione comunale
Sindaco: Il Comune è retto dalla seguente amministrazione: Sindaco: rag.Vincenzo Corbo, Assessori: Terranova, Rizzo, Rubino, Ferrante Bannera, Guarneri, Cimino, Lo Giudice dal 26/06/2006
Centralino del comune: 0922 734111
Email del comune: <gabinetto.sindaco@comune.canicatti.ag.it> <gabinetto.sindaco@comune.canicatti.ag.it>
[modifica] Collegamenti esterni
- Sito su Canicattì - Foto, Storia, molto altro...
- Centro di documentazione della Città di Canicattì
- Video fotografico di Canicattì
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