I tartassati
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
I tartassati | |
Titolo originale: | I tartassati |
Paese: | Italia |
Anno: | 1959 |
Durata: | 105' |
Colore: | B/N |
Audio: | sonoro |
Genere: | comico |
Regia: | Steno |
Soggetto: | Roberto Gianviti e Vittorio Metz |
Sceneggiatura: | Aldo Fabrizi, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Vittorio Metz e Steno |
|
|
Fotografia: | Marco Scarpelli |
Montaggio: | Eraldo Da Roma |
Musiche: | Piero Piccioni |
Scenografia: | Giorgio Giovannini |
Si invita a seguire lo schema del Progetto Film |
I tartassati è un film del 1959 con Totò e Aldo Fabrizi regia di Steno.
[modifica] Trama
Il cavalier Pezzella (Totò) possiede e gestisce un lussuoso negozio di abbigliamento molto ben avviato. Per sua natura però non ama e non ritiene giusto pagare le tasse e per questo si avvale di un consulente fiscale (Louis De Funes) per riuscire ad evaderle con maggiore tranquillità. Purtroppo per il cavalier Pezzella però la guardia di finanza decide di inviare un'ispezione, nella persona del maresciallo Topponi (Aldo Fabrizi) e del brigadiere Baldi. Iniziano così i tentativi di Pezzella (guidati dai consigli del disonesto e poco capace consulente fiscale) di entrare nelle grazie dell'inossidabile maresciallo od addirittura di corromperlo. Tutti i tentativi si rivelano però vani ed il maresciallo Topponi stende, infine, il suo rapporto di indagine fiscale che condannerebbe il Pezzella al pagamento di un'enorme multa. Non ancora sconfitto, il cavalier Pezzella decide un gesto estremo, grazie ad uno stratagemma ruba la borsa del maresciallo con il rapporto. Ma alla fine, vinto forse dalla pietà per i guai che il Maresciallo avrebbe avuto a causa della borsa sparita e su consiglio di un prete il Pezzella fa ricomparire la borsa e la riconsegna. Il maresciallo ed il cavaliere si ritrovano così dopo tante peripezie amici e persino consuoceri.
[modifica] Commento
Ritorna il tema della “guardia” Fabrizi e del “ladro” Totò già sperimentato nel 1951. Ma a differenza di quanto succede in “Guardie e ladri” dove il ladro è in qualche modo “moralmente giustificato” dalla sua povertà per i suoi furti, qui Totò è ricco e ruba per avidità. Questo rende tutto il film più leggero rispetto al precedente e più propriamente comico. Sullo sfondo la solita stucchevole vicenda dei due figli innamorati porta via, fortunatamente, pochi minuti del film ed è utile solo per rafforzare il finale a tinte rosa.
La coppia dei protagonisti si dimostra in gran forma ed un Fabrizi burbero, incorruttibile, ma alla fine buono è perfetto per controbilanciare sull’altro piatto della bilancia un Totò infingardo, falso e disonesto (ma che alla fine pare pentirsi). La coppia più collaudata (Totò – Peppino) sarebbe stata in questo caso probabilmente meno adatta ai due ruoli principali.