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San Paolo di Tarso - Wikipedia

San Paolo di Tarso

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San Paolo
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San Paolo
Nicolas Poussin: Estasi di San Paolo
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Nicolas Poussin: Estasi di San Paolo

Paolo di Tarso (Saulo in origine), canonizzato come San Paolo apostolo († 67), è considerato da molti cristiani il più importante discepolo di Gesù, accolto tra gli apostoli, e, secondo molti, è la più importante figura nello sviluppo del Cristianesimo.

Nacque a Tarso, in Cilicia, tra il 5 e il 15 da una famiglia ebrea della diaspora. Il nome ricevuto il giorno della circoncisione fu "Saulo" (nome del re Saul, della tribù di Beniamino alla quale apparteneva la sua famiglia), ma probabilmente ricevette subito dai suoi genitori anche il nome romano di "Paolo". Crebbe in ambiente ellenistico ma con una perfetta educazione ebraica; imparò l'ebraico dai genitori e il greco dalla scuola, divenendo praticamente bilingue. Secondo la tradizione morì martire a Roma nel 67 dopo due anni di prigionia.

Indice

[modifica] Chi è Paolo

"Io sono israelita del seme di Adamo, della tribù di Beniamino" (Rom. 11, 1), "circonciso all'ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo secondo la legge" (Phil. 3, 5). Il nome Saulo lo ebbe il giorno della circoncisione e deriva dall'unico re della tribù di Beniamino: Saul. Come civis Romanus avrebbe dovuto avere tre nomi ma del terzo nulla sappiamo.

[modifica] La personalità

In giovinezza frequentò a Gerusalemme la scuola di rabbi Gamaliele il Vecchio (successore di Hillel), e fu educato secondo la profonda religiosità delle rigide tradizioni farisaiche (At 22,3; Fil 3,5-6). Ricoperse, all'interno del gruppo, vari ruoli di particolare rilievo: ebbe ad esempio il diritto di voto nel Sinedrio ebraico (At 26,10), che giudicava le cause di maggior rilevanza giuridica. Ricevette presto il compito di andare a Damasco ad imprigionare i cristiani di quella città (At 9,2). Fu particolarmente zelante e deciso contro la religione di Gesù, che cominciava a diffondersi e affermarsi (Gal 1,14). Partecipò anche alla lapidazione di Stefano custodendo le vesti degli uccisori, come è testimoniato negli Atti degli apostoli (At 8,1 22,20)

Dagli scritti che gli sono attribuiti emerge l'immagine di un "uomo tutto d'un pezzo", incapace di compromessi, ardente ed impetuoso, portato ad arrivare in fondo alle cose di sua competenza senza risparmio e senza riserva di sé. Tale temperamento lo rese dapprima terribile persecutore dei Cristiani e poi, una volta convertito, instancabile diffusore del Cristianesimo in tutto il bacino del mar Mediterraneo, tra difficoltà, pericoli e fatiche di ogni genere (2Cor 11,23-28), e con uno zelo incontenibile (1Cor 9,19-23). Uomo sensibile, facile alla commozione, risulta capace di amare ardentemente i "suoi" fedeli e le "sue" comunità (1Ts 2,7-12 1Cor 4,15).

[modifica] La conversione

La conversione di San Paolo
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La conversione di San Paolo

Secondo il suo stesso racconto (Gal 1,13 1Tim 1,12-13), mentre camminava sulla via di Damasco, sarebbe caduto a terra accecato da una luce intensa e sentendo la voce di Gesù. Narra di essere rimasto cieco per tre giorni, senza mangiare e bere nulla, recuperando la vista solo dopo l'imposizione delle mani da parte di Anania, un cristiano inviato da Dio quale missus dominicus. Di conseguenza egli stesso sentì come una singolare e straordinaria grazia la sua vocazione e chiamata, tanto che si trasformerà in "cantore della Grazia". (Ef 2,8-10).

Dopo la conversione (At 9) Paolo si ritirò per qualche tempo nel deserto dell'Arabia (Gal 1,17) poi tornò a Damasco e di lì salì a Gerusalemme nel 38 per incontrare gli Apostoli e confrontare con loro il "suo Vangelo", cioè la predicazione che egli aveva cominciato a svolgere (Gal 1,18). Dovette però fuggire dopo solo quindici giorni, perché i Giudei volevano ucciderlo (At 9,26-30), adirati per il suo tradimento.

[modifica] La prima predicazione

Nel 34-36 Paolo aveva predicato nell'Arabia antierodiana per poi limitarsi alla Siria e alla Cilicia. Nel 41 venne ucciso Caligola che aveva tentanto di imporre il culto dell'imperatore dio anche tra gli ebrei. Alla luce dell'elaborazione filoniana questa era la realizzazione della provvidenza divina (pronoia) che nel lungo periodo si impone contro il caso (tyche). Nel mondo, nella physis, la pronoia conduce alla vittoria morale il popolo giudaico che grazie alla metanoia, al proselitismo che permette ai gentili di partecipare delle virtù giudaiche, abbatte le barriere con le altre stirpi.

[modifica] I viaggi

Nel 44 Erode Agrippa, grande amico di Caligola, venne acclamato dio dai greci di Cesarea (nella quale esisteva una importante colonia ebraica), a tali onori Erode non si era opposto in maniera decisa. A quel punto Paolo decise che era venuto il momento di diffondere il messaggio di buona coscienza e di fede in dio tra coloro che nulla sapevano della parola di dio.

[modifica] Primo viaggio

Il primo viaggio portò Paolo e Barnaba nell'isola di Cipro, a Salamina e Pafo e poi in Asia Minore. Vennero fondate varie comunità presso Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra, Derbe. Il viaggio durò due anni tra il 47 e il 48, non senza difficoltà e persecuzioni (a Listra Paolo venne lapidato fino ad essere creduto morto). Durante il ritorno, Paolo e Barnaba, ripercorsero le tappe dell'andata, rianimando le comunità fondate, istruendo dei "responsabili" in ciascuna delle comunità, e ritornando ad Attaleia e di là ad Antiochia di Siria (At 13,13-14,28).

Ad Antiochia trovarono la comunità in una situazione non propriamente tranquilla: il problema che si poneva era quello della necessità o meno di far "diventare Giudei" (cioè circoncidere e sottoporre alle prescrizioni della legge mosaica) i pagani che si convertivano a Cristo. Vi erano al riguardo due correnti di pensiero: secondo alcuni la legge di Mosè conservava ancora tutto il suo valore e per giungere alla salvezza era unicamente necessario osservare le opere della Legge; secondo altri invece la salvezza veniva unicamente dalla fede in Gesù Cristo e dal Vangelo.

Per dare una risposta a tali quesiti ben presto Paolo e Barnaba dovettero tornare a Gerusalemme per discutere con gli altri apostoli; si ebbe così il primo concilio ecumenico (Concilio di Gerusalemme 49) (At 15; Gal 2,6-10). Le conclusioni di tale concilio sono riportate in At 15,28-29: non sarebbe stata indispensabile la circoncisione per essere considerati cristiani a tutti gli effetti.

Poco tempo dopo avvenne il cosiddetto "incidente di Antiochia" (Gal. 2,11-14), in cui Paolo prese posizione contro Pietro perché questi, a suo parere, cedeva alle pressioni dei giudeo-cristiani e non difendeva strenuamente la libertà della legge di Mosè dei "pagano-cristiani". Il contrasto dipese da una diversa valutazione di atteggiamenti pastorali tra Pietro e Paolo. Pietro ritenne indispensabile derogare, in quella occasione, alla linea fissata dal concilio di Gerusalemme per evitare difficoltà e contrasti tra i due "schieramenti" cristiani, mentre a Paolo tutto ciò sembrò un cedimento rispetto a quanto stabilito nel concilio: anche Paolo, tuttavia non si attenne strettamente al Concilio, egli infatti fece circoncidere Timoteo affinché venisse accettato anche dai Giudei e dai giudeo-cristiani (At. 16,1-3).

[modifica] Secondo viaggio

Nel 50 Paolo iniziò il secondo grande viaggio (senza Barnaba con il quale aveva rotto i rapporti), di durata maggiore rispetto al primo e terminato nel 52: tornò nelle comunità dell'Asia Minore fondate durante il primo viaggio successivamente si spostò verso nord e all'interno dove fondò le comunità della Galazia.

Poi, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, su invito dello Spirito Santo (At. 16,6-10) passò in Macedonia per fondare le comunità di Filippi e di Tessalonica. Da qui fu presto costretto a fuggire per rifugiarsi ad Atene, dove tenne il famoso "discorso dell'Areopago" (At 17,22-34). Si recò quindi a Corinto, dove rimase un anno e mezzo e scrisse le due lettere ai Tessalonicesi (51), ritornando infine ad Antiochia l'anno successivo.

[modifica] Terzo viaggio

Il terzo viaggio iniziò nel 53 e terminò nel 58. Paolo rivisitò tutte le comunità dell'Asia Minore fondate nei viaggi precedenti, e si fermò ad Efeso per ben tre anni. In tale città, sede del culto di Artemide nel famoso Tempio, che richiamava pellegrini da tutto il Mediterraneo la sua predicazione contro gli idoli provocò una sommossa degli orefici che realizzavano grandi guadagni con la vendita di simulacri preziosi della dea. Venne anche imprigionato; lo stesso Paolo, cita le sofferenze della prigionia e di aver rischiato di morire (2Cor 1,8-10).

Da Efeso scrisse:

Recatosi a Corinto per arginare la situazione descritta nella seconda lettera, la missione non ebbe successo e ritornato ad Efeso scrisse una nuova lettera:*la terza lettera ai Corinzi, in cui espresse il suo dolore per la situazione di Corinto.

Sempre da Efeso scrisse, tra il 53 e il 56 le lettere ai Galati ai Filippesi e a Filemone.

Partì da Efeso alla volta della Macedonia, e nella Troade venne raggiunto da Tito, che si trovava a Corinto per tentare un avvicinamento con gli abitanti della città. Tito portò buone nuove a Paolo che si sentì profondamente confortato e per tale motivo scrisse ancora una lettera:

  • la quarta lettera ai Corinzi denominata "lettera della riconciliazione". (2Cor 1,1-2,13 7,5-16).

Visitate Filippi e Tessalonica, l'apostolo scese a Corinto, da dove scrisse la lettera ai Romani in cui esternava il suo desiderio di raggiungere la Spagna (Rom 15,22-24).

Alla fine dell'anno 57 San Paolo partì alla volta di Gerusalemme per purificarsi con 4 nazorei. Fu visto in città con uno di loro e si diffuse la voce che aveva condotto un Ἒλλην nel santuario [1] Venne arrestato dal tribuno della coorte di stanza nella fortezza Antonia a cui si presentò: "io sono un uomo giudeo, cittadino di Tarso, città cilicia non priva di importanza; ti prego fammi parlare al popolo" Ma dato che il popolo desiderava poco o punto ascoltarlo il tribuno diede ordine di flagellarlo; al che Paolo dichiarò la propria cittadinanza romana.

Trattenuto in carcere per ben due anni a Cesarea Marittima, attese con ansia che il procuratore romano Felice prendesse le sue difese, ma ciò non avvenne. Durante una successiva udienza dinanzi al nuovo procuratore Festo venne deciso di accogliere la sua richiesta di essere giudicato dal tribunale imperiale e, dato che le pressioni accusatorie dei Giudei si facevano sempre più pesanti, fu costretto a partire per Roma. Al termine di un viaggio travagliatissimo (la nave rischiò il naufragio a causa della tempesta) arrivò a Malta, poi in Sicilia, poi a Reggio Calabria dove, secondo la leggenda, compì il miracolo della colonna (conservata presso il duomo), e alla fine a Pozzuoli.

Da Pozzuoli proseguì a piedi per Roma e qui fu nuovamente imprigionato (61-63) in una casa, con un soldato alla porta, legato con la catena. Nel frattempo, tuttavia, accoglieva tutti coloro che lo andavano a visitare e li evangelizzava. Scrisse inoltre da Roma le cosiddette "lettere della prigionia": agli Efesini e ai Colossesi.

La prigionia di Roma durò due anni. Terminò con l'assoluzione e la libertà di Paolo, prima del 64, data dell'incendio della città e della prima persecuzione cristiana. Paolo aveva scritto di voler venire a Roma di passaggio per andare in Spagna (Rom 15:24-26. È ragionevole che ora realizzasse il suo ideale. Rendono testimonianza di ciò, alla fine del I secolo Clemente Romano, nel II secolo il Canone muratoriano, gli Acta Petri, gli Acta Pauli e più tardi Atanasio, Giovanni Crisostomo e Gerolamo.

[modifica] Ultimo viaggio per l'Oriente

Dall'Italia, Paolo tornò in Oriente: Asia Minore, Macedonia, Creta e Acaia. L'ordine più probabile: Visita Efeso e vi lascia Timoteo; prosegue per la Macedonia, ove scrive la Prima Lettera a Timoteo. A Creta lascia Tito. Poi scrive la Lettera a Tito, dandogli appuntamento a Nicopoli (Epiro), ove pensa di svernare. A Troade lascia il suo mantello e le pergamene. A Mileto s'ammala Trofimo. A Corinto rimane Erasto. Non si sa con certezza dove fu nuovamente fatto prigioniero. Alcuni parlano di Troade, fondandosi sulla sua partenza precipitosa, come si suppone dall'abbandono del mantello e delle pergamene. Altri che tornò libero a Roma e ivi fu fatto prigioniero. La Seconda Lettera a Timoteo, ultima dell'Apostolo, è scritta quand'era già prigioniero a Roma e senza speranza di libertà. Fu decapitato nel 67, anno quattordicesimo del regno di Nerone, secondo Gerolamo ed Eusebio di Cesarea. Dionigi di Corinto, dice invece che morì contemporaneamente a Pietro.

[modifica] La questione dei gentili

Per approfondire, vedi la voce Concilio di Gerusalemme.

Con il concetto della metanoia (ossia l'apertura della fede ai pagani) è chiarita la questione del proselitismo; ciò che chiaro ancora non era riguardava il rapporto tra i proseliti e la legge di Mosè che prescriveva la circoncisione.

L'esperienza man mano maturata nei viaggi convinse Paolo che la circoncisione era un serio ostacolo per chi voleva abbracciare la fede in Cristo, per cui si batté all'interno della comunità per spiegare quello che altrove un certo Chananja (Ananias) andava predicando nell'Adiabene (stato vassallo dei Parti):

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«diceva infatti che poteva seguire il giudaismo, solo che decidesse di obbedire alle tradizioni dei Giudei; e che questo punto era più fondamentale della circoncisione»
( Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, XX, 2,5)

Intorno all'anno 50 "alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: "Se non vi fate circoncidere secondo l`uso di Mosè, non potete esser salvi" (At 15,1). Per risolvere la disputa, Paolo si recò a Gerusalemme e pose la questione perché venisse discussa dalla Comunità dei credenti. Nel corso di quello che è conosciuto come Concilio di Gerusalemme Giacomo, il "fratello del Signore", San Pietro e Giovanni (ritenuti le "colonne" della comunità) riconobbero la validità della posizione di Paolo, ossia che non era necessaria la circoncisione dei convertiti dal paganesimo.[2] Nella Lettera ai Galati (2,7-9), inoltre, Paolo scrive che venne affidato a lui "l'evangelio degli uomini dell'akrobystia" (dei non circoncisi) e a Pietro l'evangelio "degli uomini della peritomé" (della circoncisione).

Paolo stesso ci racconta poi il cosiddetto "incidente di Antiochia"[3] in cui ricorda di essersi opposto apertamente a Pietro poiché in una riunione quest'ultimo evitava i convertiti dal paganesimo temendo che i convertiti dal giudaismo si offendessero (vedi purità rituale). In quella occasione anche Barnaba si lasciò attirare nella dissimulazione di Pietro.

[modifica] La prigionia di Paolo - Interpretazione della moderna storiografia

[modifica] La ricostruzione storica

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Questa sezione riguardante un argomento di religione è ritenuta di parte, o non neutrale, (vedi l'elenco delle voci non neutrali). Se vuoi contribuire alla voce, e per ulteriori informazioni, partecipa alla pagina di discussione relativa. (uso di questo tag) (voce segnalata nel mese di novembre 2006)
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Il racconto tradizionale, che vuole Paolo di Tarso "più volte imprigionato dai romani" non è giudicato attendibile secondo alcune recenti ricerche storiografiche. Mentre per il periodo storico preso in esame non mancano fonti antiche, come Tacito e Giuseppe Flavio (gli accenni alla prigionia di Paolo sono presenti solamente in alcuni passi degli Atti degli apostoli), che vengono ora diversamente interpretate sulla base delle conclusioni raggiunte da una branca della moderna storiografia che si occupa del "controllo delle fonti" (vedi qui).

Durante i suoi viaggi, Paolo di Tarso aveva fatto tappa nelle città di Filippi e Salonicco, in entrambe le località rimediando l'accusa di esercizio della magia da parte dei capi delle comunità ebraiche alle autorità romane, le quali non dettero seguito alla denuncia. Anche a Corinto, venne portato in giudizio da Sostene (Sosthenes in greco)[4], capo della comunità israelita corinzia, , per ripondere delle accuse di "religione non permessa". Infatti i culti doveveno essere riconosciuti dai Romani per essere "legali" ed il cristianesimo non rientrava in questa lista: dicevano infatti "Costui persuade la gente a rendere un culto a Dio in modo contrario alla legge" (At 18,13). Il proconsole Junio Anneo Gallio (fratello di Lucio Anneo Seneca) rifiutò di procedere ritenendo che la giustizia romana non fosse interessata a questioni puramente religiose (At 18,12-17). Gli Atti aggiungono che il capo della sinagoga venne malmenato dal popolo che reclamava attenzione: "Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di tutto ciò." (At 18,17).

Forte della protezione delle leggi di Roma, Paolo era tornato a Gerusalemme nel 58 e, contro il parere dei capi della comunità cristiana, si era recato nel tempio ebraico per predicare, scatenando la prevedibile reazione degli ebrei.

Paolo sarebbe stato, quindi, non arrestato, ma salvato a stento dalla lapidazione dal pronto intervento dei soldati romani, agli ordini del tribuno Claudio Lissa, i quali portarono al sicuro l'apostolo, incalzati dalla folla inferocita che gridava "ammazzalo, ammazzalo!". Il racconto degli Atti degli Apostoli parla sì di arresto, ma fa chiaramente intendere che fu in effetti un salvataggio in extremis (At 21,27-36).

Il tribuno Lissa convocò il sinedrio, ma non si ritenne in grado di prendere una decisione. Tuttavia, avuta notizia che si stava preparando un colpo di mano per eliminare Paolo, probabilmente allo scopo di evitare altri disordini, lo fece accompagnare con una scorta di protezione (duecento fanti, duecento arcieri e settanta cavalieri) a Cesarea, sede del governatore Antonio Felice e della più importante guarnigione romana in Giudea.

Anche il governatore rimandò la decisione, ma fece restare Paolo all'interno del castrum in "custodia militaris", ovvero sotto protezione. Secondo l'ordinamento Romano, la "custodia militaris" era una misura ben diversa dalla "custodia publica" (ovvero l'arresto) e lasciava la possibilità al "custodito", di ricevere chiunque volesse e condurre una vita pressoché normale, certo con il divieto di lasciare la città. Ma, è facile dedurre, che in tale situazione Paolo neppure si sarebbe sognato di contravvenire al divieto.

Rimase in questa condizione due anni, durante i quali pare che il governatore propose all'apostolo di trasferirlo sotto scorta in altra città, in cambio d'una adeguata somma di denaro. Antonio Felice (fratello di Pallante, il più importante consigliere di Claudio) era un uomo avido e corrotto e, per questo motivo, venne destituito da Nerone che nominò governatore il più scrupoloso Porcio Festo. (Tacito, Annali XII, 54)

Ad una sola settimana dal suo insediamento, il nuovo governatore decise di risolvere la situazione riconvocando il sinedrio e, ascoltata la richiesta di condanna a morte, esternò la propria incompetenza giuridica: Se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche malvagia azione, io vi ascolterei come di ragione, o Ebrei. Ma si tratta di discussioni su una parola, su dei nomi e sulla vostra legge: io non voglio dover giudicare di cose come queste. (Atti degli apostoli 25, 18-20; 18, 14-15) In teoria aveva dato ragione a Paolo, ma in pratica la liberazione l'avrebbe esposto alla vendetta dei Giudei. D'altro canto mantenerlo all'infinito in "custodia militaris" significava ammettere implicitamente l'inefficacia dell'autorità di Roma.

A trarre d'impaccio il governatore è Paolo che, nella sua qualità di cittadino romano si appella al giudizio dell'imperatore Nerone: ("Civis romanum sum. Cesarem appello!"). Occorre precisare che, pochi anni prima (57), Paolo aveva definito l'imperatore "autorità istituita da Dio", raccomandandone l'obbedienza ai cristiani dell'Urbe. (Paolo, Epistola ai Romani 13,1-2)

L'apostolo viene dunque imbarcato nel porto militare di Cesarea e scortato a Roma dal centurione Giulio. Qui giunto nel 60, in attesa del giudizio imperiale viene posto agli "arresti domiciliari", da dove tuttavia poté predicare in assoluta libertà e senza ostacoli (Atti degli apostoli 21, 27-36)

Nel 62 venne giudicato dal tribunale di Roma presieduto dal "prefectus urbis" Afranio Burro, stretto consigliere di Nerone, ed assolto.

termine sezione non neutrale

[modifica] Le fonti bibliografiche

[modifica] Le basi della cronologia Paolina

  1. Nella prima prigionia romana, quando Paolo scrive la Lettera a Filemone si considera vecchio, perciò si può stabilire l'età fra i 50-60 anni (Fil. 9). Alla morte di Stefano è giovane (Atti 7:58). La gioventù per gli antichi oscillava fra i 30 e i 40 anni. Paolo poteva allora avere circa 30 anni. L'attivismo e la fiducia che il sinedrio gli accorda confermano tale età.
  2. La Misnàh stabilisce a 15 anni lo studio del Talmud e a 18 il matrimonio. Quando studia con Gamaliele, ha compiuto i 15 anni; aggiungendo gli anni di studio e quelli di assenza da Gerusalemme, durante il ministero di Gesù, alla morte di Stefano ha circa trent'anni.
  3. Pilato fu deposto nel 36. Non è probabile che il martirio di Stefano sia avvenuto sotto il suo governo senza il suo consenso, ma è possibile nell'intervallo tra la deposizione di Pilato, e l'arrivo del successore Marcello. Per questo è molto probabile l'anno 36 per il martirio di Stefano e la conversione di Paolo, poco tempo dopo. Se allora ha circa trent'anni, egli è nato dopo Cristo, verso l'anno 6 dell'era cristiana.

Altri pongono l'anno 34 come data della conversione.

  1. Areta IV regnava a Damasco, quando Paolo fuggì di là, poco dopo il suo battesimo (2 Cor 11:32-33). Non è probabile che i Romani avessero rinunciato a Damasco mentre era in vita Tiberio, di carattere energico, morto nel marzo del 37, ma che Areta si sia impadronito di Damasco al tempo di Caligola (37-41). Areta morì nel 40;la fuga di Paolo, a tre anni dalla conversione, avviene tra il 37 e il 40.
  2. L'inizio del regno di Agrippa I fu tra 41e42 e coincide col martirio di San Giacomo.

Il viaggio delle offerte fu fatto poco dopo la morte di Agrippa I, nell'anno 44. Quindi, tra 39 e 43 Paolo si trova in Cilicia, nel 44 va a Gerusalemme con Barnaba ed inizia il primo viaggio apostolico (Atti 11:27-30; 12:25).

  1. Nel secondo viaggio è ospitato a Corinto in casa di Aquila e di Priscilla, appena giunti da Roma, poiché Claudio (41-54) aveva cacciato tutti i Giudei nell'anno 49-50 (Atti 18.2-3). L'inizio del secondo viaggio si può quindi porre quindi fra il 50 e il 51.
  2. Passa un anno e mezzo a Corinto prima di comparire davanti a Gallione, che fu per un anno proconsole romano di Corinto. Dall'iscrizione di Delfi che lo riguarda si è potuto fissare questo anno, che fu il 52. Siccome il secondo viaggio finì non molto dopo, possiamo fissare la sua fine fra il 52 e il 53.

Chiave importante per la cronologia di Paolo è l'inizio del governo di Festo, che fu in Giudea nell'anno 60. Paolo, due anni dopo esser stato messo in prigione in Cesarea, gli fu presentato. Quindi la prigionia in Gerusalemme, che coincide con la fine del terzo viaggio, era iniziata nell'anno 58. Festo lo mandò in seguito a Roma, cioè nello stesso 60. Quando giunse a Creta era passata la festa dell'Espiazione o del Grande Digiuno (Atti 27:9), che cadeva agli inizi di ottobre. Si era imbarcato, quindi, sul finire dell'estate o all'inizio dell'autunno del 60. Siccome passa tre mesi a Malta (Atti 28:11) e riprende la navigazione dopo l'inverno, il suo arrivo a Roma si può fissare con sicurezza nella primavera del 61. La prima prigionia romana dura due anni (Atti 28:30). Sembra molto sicuro l'anno 63 per la fine del processo e l'assoluzione di Paolo. Nel 64 non poteva piu trovarsi sotto la custodia di Nerone, poiché in quell'anno avvenne l'incendio di Roma e iniziò la prima persecuzione contro i cristiani. Paolo sarebbe stato una delle prime vittime se non fosse stato già in libertà e fuori di Roma. È questo il tempo indicato del viaggio in Spagna.

[modifica] Le lettere

Per approfondire, vedi la voce Lettere di San Paolo.

Le lettere di San Paolo appartengono al genere letterario "epistolare" ma si differenziano per lo stile, per l'impostazione e per la schematizzazione nella stesura.

La critica riconosce per "sicuramente paoline" la prima lettera ai Tessalonicesi, la prima e seconda lettera ai Corinzi, quelle ai Romani, Galati, Filippesi e a Filemone. Qualche riserva (sostanzialmente trascurabile) è stata rivolta nei confronti della seconda lettera ai Tessalonicesi e quelle agli Efesini e Colossesi. Dubbi più seri riguardano 1° e 2° Timoteo e la lettera a Tito, soprattutto se si esclude la liberazione di Paolo nel 64 e il viaggio in Spagna(sarebbero in questo caso scritte molto probabilmente da discepoli). Si esclude con sicurezza la paternità della lettera agli Ebrei.

[modifica] Ruolo storico di San Paolo

Il ruolo storico di San Paolo fu quello di allargare l'orizzonte di diffusione della la fede in Cristo ai non Giudei, consentendo la non circoncisione dei credenti e il superamento del ritualismo ebraico; il superamento, inoltre, del concetto di esclusivismo tipico del popolo israelita che si sentiva unico depositario del "patto di salvezza" spalancava le porte a tutte le persone che desideravano diventare cristiane.

[modifica] Visioni alternative di Paolo

[modifica] Hyam Maccoby

Nei suoi libri The Mythmaker e Paolo e l'ellenismo, lo studioso talmudico Hyam Maccoby propose una teoria secondo cui Paolo non era ebreo ma sarebbe stato un «gentile», cresciuto in un ambiente influenzato dalle religioni popolari misteriche ellenistiche centrate nella morte e nella resurrezione di divinità salvatrici, e che successivamente si convertì al giudaismo, sperando di diventare uno studioso fariseo. Questa teoria fu precedentemente proposta da S.G.F. Brandon nel suo libro Il processo a Gesù di Nazaret.

Sempre secondo questa teoria, Paolo trovò lavoro a Gerusalemme come un ufficiale di polizia del sommo sacerdote, un collaboratore dei romani. La sua opera come persecutore dei nemici del sacerdote lo condusse ad un conflitto con se stesso, che si manifestò mentre viaggiava verso Damasco per svolgere una missione.

Maccoby ritiene che la rivelazione di Paolo fu quindi il risultato di una personalità divisa; egli fuse le religioni misteriche, il giudaismo e la passione di Gesù in una religione completamente nuova, centrata nella morte di Gesù come un sacrificio mistico. Le dichiarazioni origine ebraica ed educazione farisaica di Paolo sarebbero false, a riprova di questo Maccoby cita vari passaggi dagli scritti di Paolo che secondo lui indicherebbero la sua ignoranza della Legge ebraica.

Paolo avrebbe inventato molti dei concetti chiave del cristianesimo, e sia i vangeli che gli altri successivi scritti cristiani sarebbero stati scritti per riflettere il pensiero di Paolo e non l'autentica vita ed insegnamenti di Gesù. Anche gli scritti di Paolo stessi sarebbero per Maccoby stati alterati successivamente.

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«Gli studiosi ritengono che, per quanto obiettiva sia la loro ricerca, debbano sembre avere una attitudine di provonda reverenza verso Paolo, e non dicono mai niente per suggerire che egli possa non essere stato nel giusto talvolta, anche se questo è evidente in varie parti della storia della sua vita che egli non fu above deception quando si sentì garantito dalle circostanze.»
(Maccoby. 1986)

Un esempio delle prove portate da Maccoby è il passo della prima lettera ai Corinzi 9,20-22.

Alcuni ristretti gruppi religiosi moderni [citazione necessaria] condividono il pensiero di Maccoby sulle vere basi del moderno cristianesimo, quali la morte di Gesù e il concetto di peccato originale.

[modifica] Paolo come gnostico

Esistono anche teorie secondo cui Paolo fu uno gnostico e le sue lettere stesse includerebbero temi tipici dello gnosticismo.

In alcuni passi delle lettere è scritto che egli fu portato fino al "terzo cielo" ed in questo stato non era sicuro di essere all'interno del suo stesso corpo, e scrive di aver avuto esperienza di cose di cui non è in grado di parlare (2 Cor 12,2-4). I cristiani ortodossi enfatizzano particolarmente la dimensione mistica degli scritti e della vita di Paolo.

In diretta opposizione a questa visione, alcuni studiosi [5] ritengono che Paolo fosse particolarmente contrario allo gnosticismo, e la stessa inclusione dei suoi scritti nel canone della Bibbia sarebbe stata la conferma del definitivo rigetto dello gnosticismo da parte dei cristiani.

[modifica] Michael White

L. Michael White, professore di lettere classiche e direttore del programma di studi religiosi presso l'Università di Austin in Texas, nel suo libro From Jesus to Christianity [6] ritiene che Paolo si sia definito un pio giudeo che riteneve prossima una imminente apocalisse, associando le sue visioni (Galati 1,15-16; 2,1 e 2 Corinzi 12,1-5) e le sue "rivelazioni" (in lingua greca apokalypsai, significa "rivelare") con le sue dichiarazioni apocalittiche nella prima lettera ai tessalonicesi, in particolare il passaggio 1,9–10; a questo riguardo scrive:

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«Paolo dice di essere solito preda di visioni rivelatorie... Per esempio, quando Paolo andò a Gerusalemme per la seconda volta a consultarsi con Pietro e Giacomo sul problema dei gentili, dice che "went up by revelation" (Galati 2:1). In altri passi riferisce di aver avuto altre "visioni/apparizioni e rivelazioni"(2 Corinzi 12:1), dopo cui descrive una di queste esperienze dove fu "portato su fino al terzo cielo" e vide il paradiso (2 Corinzi 12:2–5). Quest'ultima descrizione e molto simile alla tradizione apocalittica ebraica delle ascenzioni al cielo e delle visioni (vedi Ascent to Heaven in Jewish and Christian Apocalypses, M. Himmelfarb, Oxford University Press, 1993)»
(L. Michael White, From Jesus to Christianity, pagine 156–8.)

Successivamente White ritiene che Paolo vedesse Gesù come un fondatore messianico di un nuovo regno escatologico che sarebbe stato costituito con la prossima fine del mondo.

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«[riguardo un problema teologico sulla] recente morte di qualcuno presso la chiesa di Tessalonica, i membri sono preoccupati per le sue implicazioni escatologiche: quella persona sarà presente nel regno che verrà? È chiaro dalla loro preoccupazione, così come dal suo precedente discorso introduttorio in 1,9-10, che nei suoi precedenti insegnamenti Paolo ha trattato particolarmente temi apocalittici sul messia, un imminente "eschaton", e furia divina. Paolo adesso deve chiarire loro che ci sarà certamente un posto per coloro che sono già morti, basandosi sulla dottrina giudaica della resurrezione (4,16), quando Gesù tornerà come eschaton (5,23). Riunendo questi insegnamenti in parti in cui sono prevalenti altre esortazioni, egli consegna quindi una risposta più personale e confortante alle loro preoccupazioni»
(L Michael White. From Jesus to Christianity., pagina 176)

White cita quindi i passi:

Collabora a Wikiquote «Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall'ira ventura.»   (1Tessalonicesi 1,9-10)
Collabora a Wikiquote «Quello che voglio dire, amici, è che: il tempo che ci rimane da vivere non è molto»   (1Cor 7,2)

Nota: il riferimento biblico del passo precedente non è corretto.

Successivamente asserisce che Paolo si considerava un missionario con il compito particolare di condurre anche i gentili nel nuovo regno:

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«Che Gesù fosse venuto come messia di Israele significava anche, per Paolo, the l'apocalittica fine dei tempi era cominciata e si sarebbe consumata presto, quando Gesù srebbe tornato di nuovo (1 Tessalonicesi 4,13; 5,1–11). Infine, era convinto di essere egli stesso si essere stato scelto "prima di nascere" per la particolare missione di condurre i gentili in questo nuovo, escatologico regno, come nelle profezie di Isaia e Geremia»
(L Michael White, From Jesus to Christianity., pagine 156–8)

In modo simile, James Tabor è d'accordo con la teoria secondo cui Paolo instillò aspettative escatologiche ai primi cristiani:

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«La migliore evidenza che abbiamo su cosa i seguaci di Gesù pensavano sull'immanente fine dopo la sua morte è chiaramente Paolo. Possediamo lettere di Paolo molto antiche, datate negli anni 50 d.C. e scritte da lui stesso, autobiografiche, la cui autenticità non è oggetto di disputa tra gli studiosi. E queste dicono le cose più interessanti. Per esempio nella prima lettera ai Corinzi, datata circa nel 54 d.C., Paolo dice che è meglio non sposarsi, la fine di tutte le cose è vicina. Pensando ai prossimi eventi che ritiene avverranno nel mondo, egli avvisa la gente: "schiavo, rimani uno schiavo. Non cercare di cambiare l'ordine sociale, perché tutto, molto rapidamente, sta finendo". Una delle sue frasi è che "il tempo stabilito sta diventando molto breve". È una diretta citazione dal libro di Daniele sul tempo della fine. Questo ci dice che negli anni 50, nel mondo mediterraneo, le comunità cristiane sorgono, credendo che Gesù sia il messia. Che egli sta per tornare di nuovo, probabilmente durante la loro stessa vita, e quindi non devono preoccuparsi troppo dell'ordine economico e sociale, e nemmeno del loro stato coniugame, perché la fine è vicina.»

White dichiara anche nel suo libro che Paolo era fiero del suo essere giudeo e non cessò di esserlo diventando fedele a Gesù. Entrambi per White rimasero devoti giudei (pagina 121).

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«Paolo non fu il primo cristiano. Infatti, Paolo non usa mai il termine "cristiano". Anzi, si dichiara chiaramente come un pio giudeo chiamato da Dio, attraverso Gesù, alla missione di portare il suo messaggio ai non ebrei. Quindi la visione di se di Paolo rimane sembre ebraica, anche quando discute con Pietro, Giacomo (il fratello di Gesù), o altri più fedeli giudei tra i seguaci di Gesù. Paolo, quindi, deve essere visto come parte di quella diversità presente tra questi seguaci che diede vitalità e aprì nuovi orizzonti al movimento»
(L Michael White. From Jesus to Christianity, pagina 145)

Questa dichiarazione di White è condivisa anche dal professor Stephen Harris che dichiara:

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«Gli Atti dipingono Paolo [...] come uno rimasto orgogliosamente fiero del suo farisaismo che richiese supporto ai suoi conoscenti farisei quando fu sottoposto a processo prima del concilio di Gerusalemme (Atti 23,6–9; Filippesi 3:4–7)»
(Stephen L. Harris, Understanding the Bible the Sixth Edition, pagina 370)

Secondo White, il termine derivato "cristianesimo" usato per descrivere la religione stessa non apparve prima del 112-115 (pagina 121).

[modifica] Agente di Roma

Joseph Atwill, nel suo libro Il Messia di Cesare (Caesar's Messiah), e David Icke, tra altri, ritengono che Paolo fosse un agente dell'Impero Romano, ed in particolare degli stessi imperatori romani. Entrambi asseriscono che Paolo fu usato, insieme a Giuseppe Flavio, per dare vita ad un movimento messianico pacifico per minare ed arrestare la ribellione della Giudea, al tempo provincia romana.

[modifica] Riferimenti e note

  1. Cosa estremanente sacrilega dato che non solo era vietato l'accesso nel Tempio al di là del peribolo ai non circoncisi sotto pena di morte ma era proibito perfino svelarne la struttura.
  2. cfr. At 15
  3. cfr. Lettera ai Galati 2,11-16
  4. Gli Atti degli Apostoli non menzionano Sostene come colui che ha portato in giudizio Paolo: menziona genericamente i "giudei" (18,12).
  5. Ad esempio Dennis R. MacDonald's. Early Christian Literature, e Peter Novak. Original Christianity, Hampton Roads Publishing, 2005
  6. L. Michael White. From Jesus to Christianity, Harper Collins Publishers, 2004

[modifica] Bibliografia

  • Massimo Fini, Nerone, 1991 - Mondadori
  • Emilio Radius, L'incendio di Roma, 1962 - Rizzoli
  • Luigi Rusca, Saggio sulle persecuzioni dei cristiani, 1963 - Rizzoli
  • Tom Wright. Che cosa ha veramente detto Paolo-1999-Claudiana Editrice-ISBN 88-7016-304-0
  • Religioni e Miti- Diz. Enciclopedico-Bompiani -Volume II
  • Jacques Brosse,I Maestri spirituali-1991-Gremese ed.ISBN 88-7605-590-8
  • Claude Tresmontand, Paolo di Tarso-1960-A.Mondadori editore
  • Floyd E.Hamilton, In difesa della fede-1972-Centro Biblico-Napoli
  • Storia delle religioni, Cristianesimo, a cura di G.Filoramo, 2005 Roma, Laterza
  • Hyam Maccoby, Paul, the mythmaker-1986-Barnes&Noble

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

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