Sardanapalo
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Sardanàpalo è il nome greco, ma il più diffuso, col quale era noto l'ultimo re degli Assiri (dal 667 a.C. al 627 a.C.), anche chiamato Ashurbanipal, o Assurbanipal (e nella Bibbia menzionato come As(e)nappar o Osnapper).
Figlio secondogenito di Esarhaddon e Naqi'a-Zakutu, divenne principe ereditario alla morte del fratello maggiore Sin-iddina-apla; l'altro fratello Shamash-shum-ukin divenne invece re di Babilonia ed in seguito tra i due vi sarebbe stata guerra.
La salita al trono assiro non fu facile, essendo il soggetto inviso a buona parte della popolazione, della corte e del clero, e fu per questo che il padre, ancora in vita, aveva redatto veri e propri contratti coi quali in pratica aveva comprato la futura lealtà verso il proprio successore.
Ciò malgrado, Sardanapalo viene descritto (particolarmente da Diodoro Siculo, ma è citato anche da Orosio, Giovenale e perfino Dante) come ricco e potente, colto, anzi capace di leggere e scrivere (dote rara fra i sovrani dell'epoca) e fu addirittura, in un certo senso, l'inventore della biblioteca: volle infatti istituire a Ninive la prima raccolta di tutti i testi in scrittura cuneiforme di cui gli Assiri avessero copia. La raccolta, ordinata per la prima volta secondo criteri classificativi sistematici (sia pur rudimentali), innovativamente si distingueva dai disordinati depositi archivistici sino ad allora in uso, e raccolse un corpus di testi (di cui molti sono oggi al British Museum di Londra) che spaziavano dalle raccolte di tradizioni astronomico-religiose alla repertazione di glosse sulla lingua sumera. Dalla biblioteca di Ninive vengono ad esempio i testi più completi sull'epopea di Gilgamesh, come l'ultimo ritrovato, la "tavoletta del Diluvio", che racconta la versione sumera del diluvio universale.
Promosse anche la lavorazione artistica della pietra, sia nell'arte della scultura, sia nell'architettura.
Con Sardanapalo viene ad estinzione l'impero assiro, dopo un'ultimo inarrivabile splendore, apoteosi che prelude alla caduta. Leggendario fondatore di Tarso (la città - oggi turca - di San Paolo, in realtà già esistente dall'età del bronzo), di cui si disse che l'aveva eretta in un sol giorno, entrò in guerra contro Babilonia, retta dal fratello, che aveva aggregato una coalizione di popoli (della Mesopotamia, ma anche dell'Egitto) contro Ninive. Sardanapalo sconfisse Babilonia, sbandò la coalizione, si espanse sui territori arabi e punì i collusi elamiti, distruggendone la capitale Susa. A reggere Babilonia pose un tal Kandalanu, misteriosa figura di cui si congettura che fosse lo stesso Sardanapalo sotto mentite spoglie.
Anche il privato di Sardanapalo divenne pubblico, perché (non si sa con quanto fondamento) per secoli - e sino a tempi recenti - fu descritto, se non proprio come un omosessuale, almeno come uomo non virile, e la tradizione storiografica lo distinse come simbolo di effemminatezza e (in un'accezione negativa) di voluttà. Per contro, altre visioni, non meno indignate, lo volevano semplicemente dedito alla crapula in senso più "convenzionalmente" orgiastico. Si sa che viveva chiuso nel suo palazzo di Ninive, pare quasi sempre rinserrato all'interno di un nutrito gineceo con un numero ragguardevole di "ospiti".
La leggenda vuole anzi che la sua morte sia stata in varia misura - secondo le differenti versioni - causata dalle sue scandalose abitudini. Un satrapo di nome Arbace sarebbe giunto a palazzo dal territorio dei Medi per avere udienza e lo avrebbe trovato coinvolto in pratiche "peccaminose"; scandalizzato, fece ritorno ai suoi possedimenti giurando che non avrebbe più obbedito ad un simile sovrano. Istigato da Belesys, un religioso caldeo, organizzò una spedizione di conquista su Ninive ed ingaggiò un lungo conflitto in cui, secondo alcune versioni, Sardanapalo avrebbe vinto tre battaglie, poi soddisfatto si sarebbe rituffato nelle usuali gozzoviglie; profittando della distrazione, Arbace avrebbe a quel punto avuto gioco facile nel catturarlo e condurlo in ceppi (insieme alle concubine) a Media. Qui il re si sarebbe mantenuto, grazie alle sue abbondanti ricchezze, in dorata prigiona sinché, abbandonato da seguaci ed alleati, isolato dall'esterno, la vita gli sarebbe venuta a noia e si sarebbe fatto bruciare su una pira con la sua favorita Mirra, insieme alle altre concubine.
Tra le articolatissime tradizioni della leggenda e la ricostruzione storica moderna, non sono evidentemente pochi i punti di divergenza. Ad esempio, nonostante le piccanti insinuazioni sulle sue eventuali inclinazioni, pare accertato che abbia avuto dei figli (o almeno che ne abbia riconosciuto) i quali alla sua morte si sarebbero conteso il regno assiro (Ashur-etil-ilani, Sin-shar-ishkun e Sin-shumu-lishir) mentre quello di Babilonia sarebbe stato conquistato dal loro fratello Nabopolassar.
Sardanapalo fu ritratto da Eugène Delacroix nel famoso (e scandaloso) quadro "La morte di Sardanapalo" (1827-1828), in cui lo figurò nell'atto di accendere la pira con la quale sarebbe morto insieme alle sue concubine.